L’incontro inaspettato con il grande amore, l’impossibilità di viverlo fino in fondo per l’ottusa condanna della società benpensante, la rinuncia sacrificale che ne consegue e la prematura dipartita della protagonista a causa di un male che non perdona sono gli ingredienti de ‘La Traviata’ che, da sempre, seducono e commuovono il pubblico a qualsiasi latitudine e fin dalle prime note.
Nonostante il debutto del 6 marzo 1853 al Teatro La Fenice fosse stato un fiasco clamoroso, già con la successiva ripresa veneziana del 6 maggio 1854 al Teatro San Benedetto l’opera verdiana si riscattò, ottenendo un grandissimo successo che, ancora oggi, non conosce declino.
Ultimo titolo della trilogia popolare ma anche della prima fase compositiva di Giuseppe Verdi, ‘La Traviata’ – libretto di Francesco Maria Piave tratto da ‘La Dame aux camelias’ di Alexandre Dumas figlio - è una delle opere liriche maggiormente rappresentate al mondo e nel ruolo di Violetta si sono cimentate dive del calibro di Maria Callas, Renata Tebaldi, Renata Scotto, Mirella Freni e Montserrat Caballé .
Dal 1856 in poi il Teatro Verdi ha accolto ben trentatre produzioni di Traviata, scegliendo anche quest’anno il capolavoro di Verdi per inaugurare la nuova stagione lirica e di balletto, che apre stasera in serata di gala nel nuovo allestimento della Fondazione Teatro Lirico G.Verdi per la regia di Arnaud Bernard e la direzione musicale di Enrico Calesso, scene Alessandro Camera, costumi di Carla Ricotti, maestro del Coro Paolo Longo.
Nel ruolo di Violetta per la prima volta a Trieste il soprano napoletano Maria Grazia Schiavo, accanto a lei Antonio Poli (Alfredo Germont), Roberto Frontali (Giorgio Germont), Eleonora Vacchi (Flora Bervoix), Francesco Verna (Barone Douphol), Francesco Auriemma (Marchese d’Obigny), Andrea Pellegrini (Dottor Grenvil), Saverio Fiore (Gastone), Veronica Prando (Annina), Gianluca Sorrentino (Giuseppe), Giuseppe Olivieri (un domestico di Flora), Damiano Locatelli (un commissionario).
«Sono molto felice di essere per la prima volta – dice Maria Grazia Schiavo – sia al Teatro Verdi che in questa bellissima città di mare, che mi fa sentire un pochino a casa mia essendo io napoletana. Lavorare per la prima volta in questo teatro è veramente un’esperienza piacevole perché ho incontrato persone umanamente simpatiche e disponibili. Con il maestro Calesso c’è stata da subito un’intesa musicale perfetta e il regista mi ha fatto scoprire una Violetta molto fisica, molto intensa, una donna in cui prevale moltissimo l’aspetto psicofisico, volto ad esprimere la sua personalità di donna, di donna ferita e di donna morente».
Nel corso della sua carriera Maria Grazia ha interpretato più volte il personaggio di Violetta, considerato in assoluto il cavallo di battaglia ma anche un duro banco di prova per ogni soprano, e ogni volta è un’esperienza nuova. «Ogni volta che reincontro questo personaggio - racconta – dal punto di vista vocale devo rimettere in discussione tutta me stessa, perché Violetta richiede una preparazione tecnica, fisica e psicologica molto più forte e intensa rispetto ad altri personaggi. E poi, cambiando e maturando negli anni la vocalità, oggi mi permette di creare delle sfumature che mi sfuggivano in passato. E pure il personaggio è diverso, maggiormente centrato su un focus psicologico profondo e più sentito, reso possibile dalla crescita che ho avuto come donna, come cantante e come interprete».
Per tutti la partitura riserva emozioni dalla prima all’ultima nota ma per Schiavo ci sono in più un paio di punti di assoluta commozione, come il duetto del secondo atto con Giorgio Germont e la seconda strofa di ‘Addio del passato’ nel quarto atto, che non sempre si fa ma in questa produzione per fortuna sì. «Questa strofa è molto importante perché – precisa il soprano – nella prima Violetta parla di sé e del suo amore per Alfredo mentre nella seconda si rivolge alla gente, ammonendo che le gioie e i dolori e qualsiasi altra cosa si faccia termina tutto nella tomba. Devo dire che il maestro Calesso, di questa strofa ha proposto un’idea interpretativa davvero toccante, così come la scelta dei tempi e delle dinamiche per tutta la partitura. E se aggiungo anche la nuova lettura basata sull’introspezione psicologica offerta dal regista Bernard posso affermare che su questo palcoscenico è scattato qualcosa di davvero magico». Per Maria Grazia adesso è l’ora di Violetta, poi sarà quella di Gilda alla Fenice, di Donna Anna in Giappone con Muti e di Anna Bolena «un ruolo che mi chiama e non vedo l’ora di debuttare» ma quando dismette i costumi di scena e scatta l’ora del relax «ascolto la musica sudamericana che mi fa impazzire e al cui ritmo non so resistere, tanto che mi metto subito a ballare». —
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