All’inizio del 2020, nell’arco di pochissimi giorni, la vita di gran parte della popolazione mondiale cambiò in maniera drammatica. Era avvenuto l’impensabile per chi ormai non ricordava più che le epidemie erano esistite, devastando milioni di persone, in fondo non moltissimo tempo fa. Il male del passato sembrava perso per sempre, dimenticato, sepolto, quasi ridicolizzato dal benessere, dal progresso medico, e da quella leggerezza che caratterizza il pensiero umano quando i fatti non sono stati vissuti in prima persona.
Una nuova epidemia ci trovava spiazzati perché non la ritenevamo possibile. . il progresso era divenuto un nemico.. gli spostamenti aerei, la facilità di viaggiare su lunghe distanze in pochissimi giorni, e quella specie di leggera superiorità ideale che è tipica di chi ha tanto e con facilità, consentì al virus una poderosità centrifugo-diffusiva inimmaginabile.
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Ci si è trovati immersi in un vortice di incertezze, di paure, schiacciati da una patologia nuova e pesantemente aggressiva.
La forza gestionale di chi governava nazioni e sanità si coagulò per gestire la pandemia sotto il profilo sanitario e per impedirne la ulteriore diffusione in modo da evitare il ripetersi della catastrofe della “Spagnola”, con i suoi 50 milioni di morti.
Uno dei mezzi per gestire la malattia era conoscerla da vicino.. vedere come era fatta la patologia nella sua versione più estrema, quella mortale.
La Direzione Centrale della Salute del Friuli Venezia Giulia indicò come indispensabile l’esecuzione delle autopsie dei deceduti negli ospedali di Trieste per Covid, forti anche della solida tradizione autoptica dell’Istituto di Anatomia Patologica dell’Università triestina.
Sono state eseguite oltre 1200 autopsie di malati di Covid, seguendo in modo preciso nel tempo l’evolversi della patologia ed il suo impatto sulla situazione sanitaria della provincia.
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L’Istituto universitario di Anatomia Patologica della nostra Università e della nostra ASUGI (Azienda sanitaria universitaria Giuliano Isontina) ha pubblicato svariati lavori sull’argomento, dagli aspetti morfoistopatologici, a quelli biomolecolari, a quelli clinici.
Forse il più rilevante è uscito, pochissimi giorni fa (il 30 settembre) sull’European Journal of Clinical Investigation: “Lung damage in SARS-CoV-2 patients: An autopsy study in the era of vaccination”. L’autore principale, primo nome del lavoro, è la professoressa Rossana Bussani, medico e scienziata impareggiabile per conoscenza, dedizione ed umanità, cui la sanità regionale, l’Università e i moltissimi pazienti cui quotidianamente si dedica senza risparmio, devono moltissimo.
Qui il testo integrale dello studio:
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Il lavoro è unico al mondo per numerosità di casistica e tipologia di indagine e traccia l’analisi approfondita e sistematica, lucida e tecnicamente ineccepibile, del reale numero di decessi per e con Covid negli ospedali di Trieste nell’arco del periodo pandemico [marzo 2020 – dicembre 2022].
Lo studio poggia su esami autoptici completi con fini analisi istopatologiche del tessuto polmonare graduando il livello della gravità delle lesioni polmonari per variante virale, tipologia e comorbidità dei pazienti affetti.
Un momento fondamentale del lavoro scientifico è stata la valutazione dello stato vaccinale dei soggetti deceduti affetti da Covid. Il contributo del Sars-Cov-2 alla mortalità intraospedaliera è diminuito progressivamente nel tempo, passando dal 23,8% nel 2020 al 7,9% nel 2022 sui deceduti per qualsiasi causa. Il crollo della mortalità poggia fondamentalmente sul ruolo del lock-down e sull’utilizzo dei vaccini.
I pazienti vaccinati hanno dimostrato un livello di gravità di infiammazione polmonare significativamente inferiore rispetto ai soggetti non vaccinati [le forme pneumoniche gravi erano pari ad un terzo rispetto ai non vaccinati] e la gran parte dei non vaccinati comunque ammalatisi di Covid aveva comorbidità immunodeprimenti che ne giustificavano l’infezione.
Lo studio triestino, cui ha partecipato oltre all’Università, ASUGI e ICGeB documenta come la vaccinazione sia stata associata ad una riduzione consistente – circa l’80% – del rischio di morte per SARS-CoV-2.
I dati forniti da questa immensa analisi di dati morfologici e clinici mettono a nudo in modo inequivocabile che, se non avessimo potuto beneficiare dei presidi dell’isolamento sociale e soprattutto dei vaccini, la curva della mortalità per Covid sarebbe stata analoga a quella della Spagnola, con un secondo picco pari per potenza al doppio del primo.
In realtà le curve di frequenza dopo il primo picco si sono progressivamente ridotte, con un parallelo calo della gravità delle lesioni polmonari.
Oltre alla situazione pandemica con le enormi problematiche correlate ai decessi, agli esiti tragici di disfunzionalità respiratoria, alle ospedalizzazioni massive, ed a tutto il complicato centrifugo alla malattia stessa, nel tempo sono nate ed hanno preso una forza vorticosa le ostilità contro i vaccini, con indegne lotte contro chi li imponeva come presidio fondamentale per poter uscire dalla pandemia, convinzioni distorte dalla non conoscenza e persino idealizzazioni confuse di complotti semi-satanici per ridurre la popolazione planetaria.
I cortei no-vax restano incastonati nella trama della pandemia tanto quanto i momenti peggiori della stessa, perché non imputabili ad un virus inconsapevole ma all’ignoranza umana.
Chissà quanto avrebbero pagato i 50 milioni di morti di Spagnola per aver potuto fruire di un vaccino… mentre qui, in questi tempi in cui con rapidità incredibile la scienza si è prodigata a creare un antidoto, abbiamo dovuto subire la visione di squallide carovane di petulanti ignoranti che parlavano di microchip innestati sottocute per controllare il pianeta.
In ospedale i morti li abbiamo visti. I morti di Covid della prima ondata quando i vaccini non c’erano ancora. I nostri patologi hanno visto polmoni devastati, azzerati funzionalmente dal virus. Hanno ricomposto centinaia di morti. Hanno toccato e visto quotidianamente la forma dell’orrore. Ma abbiamo poi visto la rimodulazione della malattia, abbiamo sentito il respiro della patologia farsi meno forte.. i vaccini erano arrivati, e più le persone si vaccinavano, più il mostro perdeva violenza.
Questo immenso lavoro è la concretizzazione finale di questa osservazione continua, quotidiana, incessante, senza tregua. Al di là delle opinioni senza sostanza, al di là delle voci di una folla che si autoalimenta in lamentele senza senso.. al di là della facile polemica.. i medici hanno studiato il virus giorno per giorno, indagandolo dentro a ciascun malato. Senza pregiudizi, senza condizionamenti.
Noi possiamo allora parlare del virus e dei vaccini. Perché la simbiosi dei due è stata fatale per il Covid. Il vaccino ha tolto 80 persone su 100 alla morte per Covid. E questa è la verità.
Tutti coloro che dimenticano il loro passato sono condannati a riviverlo.
* Magnifico Rettore dell’Università degli Studi di Trieste