Una lieve frattura alla lamina della seconda vertebra toracica. È l’elemento che sarebbe emerso dal nuovo esame autoptico sui resti di Liliana Resinovich. Non ci sarebbe, invece, quella «possibile antica frattura al naso», che veniva riportata nella prima relazione medico-legale, quella stilata per la Procura dal medico legale Fulvio Costantinides e dal radiologo Fabio Cavalli.
Lo scheletro, le ossa di Liliana riescono quindi ancora a “raccontare” qualcosa. In questo caso, ad aggiungere ulteriori dubbi al giallo che continua ad avvolge la morte della donna. Quella frattura alla vertebra, seppur lieve, andrebbe a sommarsi agli altri segni sul corpo della 63enne trovata cadavere della parte boschiva dell’ex Opp il 5 gennaio del 2022.
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Nella relazione di Costantinides e Cavalli, si legge che la palpebra destra è «apparentemente tumefatta», e vengono annotate tracce ematiche alla narice destra. «La lingua – si legge – presenta una apprezzabile piccola infiltrazione emorragica muscolare anteriore».
Così la testa: «Si nota infiltrazione emorragica a livello di muscolo temporale sinistro e la presenza di piccole petecchie emorragiche», scrivono i due consulenti. Che però non spiegano se tutti questi segni fossero conseguenze di un decorso fisiologico post mortem o di una possibile colluttazione. Che possano essere stati determinati da una caduta è alquanto improbabile, perché in quelle giornate aveva piovuto. A terra, soprattutto in quel boschetto, c’era del fango, quindi anche i vestiti si sarebbero sporcati. Invece, erano intonsi, puliti.
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Dunque, qual è la lettura corretta di quei segni sul volto e sul capo? Il collegio peritale nominato dalla Procura per stendere la nuova relazione medico-legale sta tentando di dare una risposta. Un esito di cui non si potrà non tenere conto, visto che oggi nella lettura di quanto è accaduto a quel corpo è impegnato – considerando anche i periti delle parti lese – il gotha della medicina legale italiana.
Verrebbe inoltre confermato che il decesso della donna sarebbe avvenuto il 14 dicembre 2021, giorno della scomparsa e non a ridosso del ritrovamento del corpo. Per tre settimane il cadavere è sempre rimasto in quell’angolo del parco di San Giovanni?
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«Si sta piano piano delineando – osserva Nicodemo Gentile, il legale che affianca Sergio Resinovich, fratello di Liliana – un quadro sempre più obiettivo di una ricostruzione dei fatti assolutamente incompatibile con un suicidio». Gentile, che è anche presidente dell’associazione Penelope, si augura «che la Procura, gli investigatori, con un atto di grande umiltà, segno di forza e non di debolezza, alla luce di quello che si sta componendo e che verrà messo nero su bianco dai consulenti nominati dalla stessa Procura, rileggano i fatti in maniera diversa».
Il presidente di Penelope reputa che «in un’indagine di matrice altamente indiziaria non si possa commettere un errore metodologico di affidare solo a qualche disciplina l’appalto della verità: serve, come ho sempre detto, un approccio multidisciplinare, con una valutazione complessiva di tutti gli elementi indiziari».
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I familiari di Liliana, che non hanno mai accettato l’idea che Liliana si sia tolta la vita, raccolgono con dolore le indiscrezioni che stanno emergendo: «Se la notizia della frattura alla vertebra fosse vera – così ai microfoni della trasmissione “Ore 14” Silvia Radin, la cugina della 63enne – prima di tutto ci addolora ancora di più perché vuol dire che Liliana ha sofferto tantissimo prima di morire». E aggiunge: «Ci ha fatto arrabbiare, perché questo doveva venire fuori già con la prima Tac, non dopo tutti questi mesi e anni attraverso gli esami della dottoressa Cristina Cattaneo che io ammiro, perché sono convinta che lei stia analizzando tutto con scrupolo, insieme agli altri nostri consulenti: solo così si arriverà finalmente alla verità». —
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