Per definire quali animali popolano l’area boschiva attorno al parco di San Giovanni, analizzando poi quale potrebbe essere il loro comportamento di fronte a un cadavere, la famiglia di Liliana Resinovich ha ingaggiato lo zoologo triestino Nicola Bressi.
Una figura nota in città, per anni alla direzione dei Musei civici di Trieste e oggi impegnato al Museo di Storia naturale come conservatore per la zoologia, oltre che alla Sissa. Bressi, più di altri, conosce dal punto di vista faunistico il nostro territorio. Proprio per questo è stato ingaggiato dall’associazione Penelope, che fin dalla scomparsa della 63enne affianca il fratello, la nipote e la cugina della stessa Liliana.
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Il professionista - che opererà a titolo gratuito - a breve presenterà all’avvocato Nicodemo Gentile, presidente di Penelope, una relazione. Ha fatto un sopralluogo nell’area boschiva a margine del parco dell’ex Opp, dove il 5 gennaio del 2022 e stato trovato il corpo. Ha già le idee abbastanza chiare. «Io sono nato il quel rione - precisa Bressi - conosco quindi particolarmente bene quell’area e gli animali che la popolano». Lo zoologo fa notare come quell’area verde sia in comunicazione con il Carso: sotto c’è una valle boscosa che, attraversando via Valerio, si collega direttamente con il Carso».
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«Il cadavere - precisa - era proprio lungo una pista battuta dai cinghiali, ma anche dalle volpi, per raggiungere il parco: quella sorta di sentiero tracciato dal passare degli animali è ancora oggi ben evidente».
Quindi «sebbene nel valutare il comportamento degli animali non si possano adottare regole matematiche - premette - mi sento di dire che è altamente improbabile che quel corpo, carne a tutti gli effetti per un animale, possa essere rimasto lì per venti giorni, nemmeno per una sola settimana, senza che alcune animale abbia dato un morso o, per curiosità, abbia leggermente spostato i sacchi, per annusare, per capire cosa ci fosse lì sotto».
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Il professionista ricorda come «i sacchi erano puliti, non c’era un pelo di animale, il segno di un muso, un minimo graffio: c’erano solo gli escrementi degli uccelli che si appoggiano sugli alberi lì sopra». Sui vestiti e sui sacchi sono state trovate anche delle formiche, in quantità meno importante di quanto ci si poteva aspettare. Ma questi sono dati all’esame di Stefano Vanin, l’entomologo forense che su incarico della Procura, assieme a Stefano Tambuzzi e Biagio Eugenio Leone, sta affiancando l’antropologa forense Cristina Cattaneo nella “lettura” dei resti di Liliana, utile alla stesura della nuova perizia medico-legale disposta dal gip Luigi Dainotti.
Tornando all’area boschiva attigua all’ex Opp, «è popolata – illustra Bressi – da faine, volpi, cinghiali, gatti randagi, poiane, cornacchie, taccole, ghiandaie, due specie di ratti, due specie di topi, senza contare che ci sono anche cani che spesso vengono lasciati liberi in quel parco. Inoltre – aggiunge – dal Carso ogni tanto scende anche lo sciacallo».
Quindi, «senza voler entrare in altri aspetti di questo caso che non mi competono – ci tiene a sottolineare Bressi – da zoologo posso affermare che è, come ho già detto, altamente improbabile che il corpo di quella povera donna fosse lì da molti giorni: se non aveva traccia di morsi o di spostamento dei sacchi, secondo me quel cadavere era lì da un giorno, non di più».
Nelle passate settimane, non su disposizioni di Bressi in questo caso, per la trasmissione Quarto Grado, nel punto dove è stata trovata Liliana, è stata sistemata una foto-trappola. È stata lasciata lì una notte e ha raccolto la presenza solo di due gatti, che hanno graffiato un sacchetto posto come esca e mangiato i bocconcini sistemati all’interno.
Ricordiamo che il corpo di Liliana è stato trovato proprio a ridosso della rete che precede il dirupo. Quella posizione potrebbe aver consentito al cadavere di restare in qualche modo “protetto” dalla vista e dall’olfatto dei selvatici? «Non credo proprio – sostiene lo zoologo – visto che accanto alla rete c’è uno squarcio, proprio vicino a quel varco, quella sorta di sentiero, creato dal passaggio degli animali».
Le conclusioni di Bressi quindi, farebbero propendere per un corpo in quel punto del parco di San Giovanni da poche ore. Le nuove analisi condotte dai periti della Procura non escludono che le temperature di quei giorni in quell’area boschiva possano aver rallentato la decomposizione del corpo. Il giallo resta quindi aperto, la data resta il rebus di questa vicenda, mentre il collegio peritale della Procura e i consulenti nominati dalle parti lese si confrontano ancora sui segni trovati sul volto della donna.