Il day after è quello del dolore, della ricerca instancabile di altre vittime e dei dispersi, della solidarietà collettiva, della rimozione di macerie e detriti, ma anche quello della rabbia e delle polemiche: perché la tragedia avrebbe forse potuto avere un bilancio di vite umane assai meno pesante.
Sono i contorni del giorno seguente la terribile alluvione che si è abbattuta venerdì su parti della Bosnia-Erzegovina, mettendo in ginocchio a causa di fiumi esondati, smottamenti e frane, in particolare le municipalità di Jablanica – con la frazione di Donja Jablanica epicentro della tragedia - Konjic, Kiseljak, Fojnica e Kresevo, oltre a una miriade di località minori. I contorni dela tragedia sono rimasti ancora ieri confusi. Per quanto riguarda i danni, sono incalcolabili quelli alle infrastrutture stradali, alla ferrovia nel tratto tra Sarajevo-Mostar – ci vorranno mesi per il suo ripristino - a centinaia di abitazioni e altri edifici. Sul fronte delle vittime, le autorità hanno rivisto leggermente al ribasso il bilancio, ancora parziale, riferendo ieri di 13 vittime rispetto alle 19 annunciate venerdì sera – di cui dodici nella sola zona di Jablanica – mentre i dispersi sarebbero una decina. Altre fonti hanno invece parlato ieri di sedici cadaveri.
Unica cosa certa è il dramma di Donja Jablanica, poco meno di 500 abitanti, la località più impattata dal disastro, metà paese spazzato via, seppellito da una enorme distesa di pietre bianche scivolate dalle colline soprastanti. E il resto dell’abitato, vicino alla massicciata della ferrovia, sommerso dal fango. La tragedia di Donja Jablanica non sarebbe però dovuta solo al maltempo: potrebbe essere fatta risalire all’attività umana. Già venerdì sera infatti hanno iniziato a circolare congetture su una cava di granito sovrastante il paesino quale origine del disastro. Proprio da quella cava si è infatti staccata la frana che intorno alle 5 di venerdì ha sommerso tutto, uccidendo tanta gente rimasta in casa. «Senza la cava non ci sarebbero state vittime», ha confermato ieri anche il premier della Federazione bosgnacco-croata, Nermin Niksić, che ha sostenuto che l’impresa che la gestiva sarebbe stata priva della concessione per l’estrazione. Vista la situazione d’emergenza, ieri è stata inoltre comunicata la decisione, inevitabile e obbligata, di rinviare le elezioni amministrative locali – previste per oggi in tutta la Bosnia-Erzegovina – nelle zone maggiormente colpite dal disastro, ossia Jablanica, Konjic, Kiseljak e Kresevo, oltre che nelle tre sezioni elettorali di Fojnica–Gojevici, Dusina e Bakovici. La Commissione elettorale centrale (Cec), annunciando il posticipo del voto, ha anticipato inoltre di non essere ancora in grado di fissare una nuova data per le urne. Sarà possibile farlo solo sulla base delle informazioni sul terreno fornite «dalla Protezione civile e dalle commissioni elettorali comunali», ha specificato la Cec.
Intanto l’Ue continua a esprimere solidarietà alla Bosnia-Erzegovina devastata. «I miei pensieri sono rivolti alle famiglie delle vittime, l'Europa sta già facendo la sua parte per aiutare le persone colpite», ha assicurato ieri la presidente dell’Europarlamento, Roberta Metsola. Riferimento, quello di Metsola, in particolare alla missione Eufor-Althea che da subito ha iniziato a «sostenere la risposta all’emergenza», ha detto l’Alto rappresentante Ue agli Esteri, Josep Borrell. —