Ore di pioggia battente e ininterrotta, fiumi come l’imponente Neretva e altri torrenti minori che si ingrossano rapidamente, frane che si attivano su un territorio già di per sé a rischio per diverse ragioni.
Il risultato: ponti abbattuti, strade e parte della linea ferroviaria cancellate, case e stalle sommerse in un lampo. E almeno 18 vittime, decine di feriti e di dispersi. Il bilancio, ancora parziale, riguarda le alluvioni e i “flash flood”, le inondazioni improvvise che hanno colpito nella notte tra giovedì e venerdì mattina zone della Bosnia-Erzegovina centrale, in particolare le aree attorno a Jablanica – dove da giovedì sono caduti 323 litri di pioggia per metro quadro – ma anche Konjic (167 litri), Kiseljak, Kresevo e Fojnica.
Il “flash flood” ha messo in ginocchio in particolare Jablanica, una settantina di chilometri a sud di Sarajevo, praticamente sommersa dalle acque e dal fango, con abitazioni distrutte e melma fino ai tetti: solo il minareto della moschea svettava su un quadro di desolazione e morte.
Le stesse scene sono state immortalate da video e foto postati sul web dai primi soccorritori, inclusi esercito e mezzi della missione Eufor, arrivati in altre aree martoriate. I media locali hanno a buon diritto parlato di catastrofe, simile a quella delle alluvioni del 2014, che solo in Bosnia fecero 24 vittime, nella vicina Serbia altre decine e causarono miliardi di euro di danni.
Dieci anni dopo, il dramma si è ripetuto in una zona relativamente circoscritta della Federazione bosgnacco-croata, entità che assieme alla Republika Srpska forma la Bosnia-Erzegovina.
«A causa delle inondazioni e degli smottamenti una parte significativa della popolazione è in pericolo, si informa che ci sono vittime e un gran numero di feriti e dispersi», ha così annunciato in mattinata, senza esporsi troppo, la Protezione civile della Federazione bosgnacco-croata. Subito dopo a gelare il sangue sono arrivate le dichiarazioni del ministro della Difesa bosniaco, Zukan Helez, che in Tv ha anticipato di «avere informazioni» ancora ufficiose su una ventina di vittime.
Col passare delle ore, le conferme sono purtroppo arrivate. «Solo nella regione di Jablanica», cittadina che conta all’incirca quattromila abitanti, «sono stati ritrovati quattordici corpi», tra cui quello di un neonato, ha informato il portavoce del governo cantonale, Darko Jukan, mentre successivamente il bilancio nella cittadina e villaggi vicini (i più colpiti, Butuoriv Polje, Ostrozac, Celebic) è salito a 16.
Altri due cadaveri sono stati recuperati nell’area di Fojnica, facendo crescere il bilancio totale della tragedia ad almeno 18 vittime. Difficilmente la cifra rimarrà tale, dato che le autorità hanno messo le mani avanti, parlando di decine di dispersi.
Ma non ci sono solo Fojnica o Jablanica. Ovunque, nell’area colpita, si sono viste «scene apocalittiche», ha detto il sindaco di Kresevo, Renato Pejak, che ha sottolineato che neppure gli anziani ricordano precipitazioni così intense concentrate in così poco tempo, mentre il suo omologo di Keseljak, Mladen Misurić Ramljak, ha descritto una notte da tregenda e un’alba terrificante. Il disastro infatti sarebbe stato provocato da precipitazioni-record, iniziate alle 21 di giovedì. E intensificatesi a partire dalle 5 della mattina successiva, determinando la catastrofe. —
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