BELGRADO Un’altra tragedia dell’immigrazione nei Balcani, una nuova strage – almeno dieci i morti, tra cui un bebè di nove mesi – in uno dei tanti fiumi già tomba per molti, troppi disperati che cercano di raggiungere l’Europa più ricca. È quella registrata nella Drina, confine naturale tra Serbia e Bosnia-Erzegovina e fra gli ostacoli più ardui da superare per i migranti che attraversano la mini-rotta che delimita Serbia e Bosnia, via crucis molto trafficata negli ultimi mesi dopo il rafforzamento dei controlli.
Strage che è avvenuta quando un barcone, carico di una trentina di migranti, tra cui svariati bambini, si è rovesciato all’alba mentre gli stranieri navigavano sulla Drina, nei pressi della località serba di Drlace.
L’incidente è avvenuto intorno alle 5 e ai primi soccorritori si sono presentate scene drammatiche. «Dopo l’allarme dato da alcuni testimoni oculari», i vigili del fuoco e la polizia serba sono arrivati sulla riva della Drina e hanno ritrovato ben «diciotto persone, tra cui tre bambini», bagnati e spaventati, che erano riusciti a salvarsi dalla corrente del fiume, ha raccontato il ministro degli Interni serbo, Ivica Dacic.
E gli altri? Le ricerche dei dispersi sono partite immediatamente, mobilitando forze su entrambe le parti del confine. Dopo qualche ora, le speranze che i “missing” fossero riusciti a sopravvivere all’impeto delle acque e a proseguire il viaggio hanno iniziato a svanire.
Così, prima quattro corpi sono stati recuperati dalla Drina, seguiti subito dopo da un quinto, ha reso noto Boris Trninic, responsabile delle unità di Protezione civile in Republika Srpska, l’entità politica dei serbi di Bosnia.
Nel pomeriggio, il ritrovamento di altri cadaveri, con il bilancio provvisorio delle vittime salito così a dieci. E le ricerche di eventuali altri dispersi sono andate avanti per ore. Come spesso accade in simili tragedie, dietro potrebbe esserci anche l’attività di passeur senza scrupoli o quantomeno incauti, ingaggiati dai migranti per percorrere rami secondari della “Rotta balcanica” e varcare i confini sempre più impermeabili della “Fortezza Europa”.
La strage potrebbe essere infatti avvenuta nell’ambito di un trasporto illegale di migranti – molti marocchini e siriani – da una parte all’altra della Drina, organizzato da “smuggler”. Due sarebbero stati i barconi usati nella sventurata impresa: quello poi rovesciatosi e l’altro che invece si è diretto verso Bratunac. Drina che, non solo da oggi, è fiume-trappola per migranti e rifugiati in viaggio verso l’Ue.
Emblematico è un cimitero a Bijelina, in Bosnia, dove sono ben 41 i migranti sepolti dopo essere affogati nella Drina e in altri fiumi vicini negli ultimi anni, oggi onorati da semplici lapidi nere, senza nomi e date di nascita, perché nella gran parte dei casi i deceduti non portavano con sé documenti.
In Serbia, a Loznica, almeno altri dodici migranti senza nome riposano in un altro cimitero. Ma tanti altri fiumi e laghi, dal Tibisco al Danubio, dall’Una alla Kupa, arrivando alla Korana e alla Mreznica, sono stati negli anni passati teatro di tragedie. Secondo stime ufficiose e in assenza di dati ufficiali, sono circa 400 i migranti morti durante gli spostamenti (per annegamento, incidenti stradali, freddo, violenze, abusi) sulla Rotta balcanica dal 2014. Rotta che, negli ultimi mesi, ha registrato un forte calo di traffico. Ma le morti dei senza nome, purtroppo, continuano. —
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