La Procura ha disposto l’acquisizione dei tabulati telefonici del cellulare di Zhanna Russu, la quarantacinquenne ucraina trovata morta sabato sera in circostanze misteriose. Il cadavere era stato scoperto da una coinquilina della donna nella scalinata del sottotetto della palazzina di via Fabio Severo 20, dove abitava la vittima.
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Russu, arrivata un anno e mezzo fa in fuga dal suo paese in guerra, alloggiava in un appartamento Ics assieme ai due figli, uno maggiorenne e una minore, assieme ad altre quattro famiglie di connazionali. Il corpo giaceva sulla rampa che conduce al terrazzo situato sul tetto dell’edificio.
La donna indossava un abito leggero che al momento del rinvenimento appariva «rialzato», con accanto la borsetta aperta e gli oggetti, tra cui dei trucchi, sparsi attorno. Il cadavere versava già in un avanzato stato di putrefazione.
Il compito di analizzare le chiamate in entrata e in uscita del cellulare è affidato ai Carabinieri, che indagano sulla vicenda. Il fascicolo è del pm Pietro Montrone.
L’analisi dei contatti, così come dei messaggi, aggiungerà un tassello in più sul complesso caso. E, soprattutto, potrà chiarire se Russu, il giorno in cui era sparita, aveva incontrato qualcuno. Un’ipotesi, questa, che si starebbe rafforzando. Circa due settimane prima della morte, peraltro, Zhanna Russu era stata notata nell’ammezzato dell’edificio assieme a un uomo di origini straniere con cui discuteva animatamente.
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Ma è la scena che si è palesata agli occhi degli investigatori ad aver destato sospetti. Oltre alla presenza della borsetta aperta con gli oggetti sui gradini e il dettaglio dell’abito rialzato che scopriva parzialmente il corpo, facendolo apparire seminudo (elementi, questi, che potrebbero spiegare anche una caduta accidentale), è stata la posizione della salma a sollevare dubbi.
Cioè il fatto che fosse riversa sulle scale di un sottotetto, in prossimità del terrazzo collocato nel punto più alto dell’abitazione. E, soprattutto, la postura: la donna non sembrava accasciata, come colta da un malore, ma dava l’impressione «di essere in fuga». Questa, almeno, l’idea che si era fatto chi aveva avuto modo di vedere fin da subito il cadavere. Di qui il l’interrogativo sul possibile coinvolgimento di un’altra persona: Zhanna scappava da qualcuno?
Ma la risposta principale, su cui pende l’inchiesta, è attesa dall’autopsia e dalla tac. La Procura ha conferito l’incarico al professor Stefano D’Errico, direttore di Medicina legale dell’Asugi. È lo specialista che, di recente, si è anche occupato dei casi di Liliana Resinovich e di Giulia Cecchettin.
La Procura ha chiesto anche il test tossicologico: la vittima, infatti, assumeva farmaci e aveva problemi di alcolismo. Andrà accertato un eventuale abuso di medicinali per capire se può aver determinato un malore, se non proprio un’overdose. Questo dipende – oltre che dal quantitativo – dalla tipologia del farmaco o dalla combinazione di più sostanze.
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Il problema dell’alcolismo è stato confermato da chi conosceva la donna. E pure dai colleghi: Russu era dipendente della cooperativa Torrenuvola che ha in appalto le pulizie dell’hotel Sonia di Domio, una struttura che conta 172 camere. Era lì che la quarantacinquenne, alta circa un metro e sessantacinque e dalla corporatura esile e visibilmente sottopeso, lavorava da un anno e mezzo come inserviente, sebbene risultava assente «da diverso tempo», spiegano dalla cooperativa.
«Si vedeva che era una persona un po’ strana e che aveva problemi di alcol – afferma un addetto dell’albergo – in un paio di occasioni faceva quasi fatica a stare in piedi perché era piuttosto alterata».
Il direttore dell’hotel, Christian Felda, nell’esprimere il proprio cordoglio per il decesso della quarantacinquenne «e anche profondo dispiacere per la situazione dei figli» – ci tiene a sottolineare – concorda sulla descrizione della donna fin qui emersa. «Era una persona certamente particolare – osserva – parlava poco, anche perché aveva difficoltà con l’italiano e preferiva l’inglese. In genere non dava molta confidenza e si notava che non era serena. Ma aveva comunque un comportamento disponibile. Sinceramente – prosegue il direttore dell’hotel – non posso parlare male di lei, anzi. Era un po’ per le sue, riservata, e quando parlava tendeva ad avere una voce piuttosto alta e ogni tanto rideva e scherzava con i colleghi. Si vestiva con una certa dignità, anche piuttosto bene. Non era affatto trasandata, tutt’altro, e tendeva a truccarsi, talvolta forse in modo eccessivo. Ripeto – conclude Felda – era strana, poco serena, ma non direi depressa».
Russu era fuggita dalla guerra. Era arrivata a Trieste un anno e mezzo fa con i due figli. Nei mesi scorsi il maggiore, che ha diciannove anni, aveva manifestato l’intenzione di tornare in Ucraina a combattere. «In quel periodo – ripercorre un collega – Zhanna si era chiusa in se stessa e per giorni non era venuta a lavorare».