BELGRADO Una decisione-choc, almeno per i critici del progetto, che arriva all’improvviso, inaspettata. E che riapre completamente i giochi, spianando la strada a un progetto più che controverso. La decisione riguarda il litio, di cui sarebbe ricchissima la Serbia, ed è stata presa dalla Corte costituzionale di Belgrado. La Consulta serba ha di fatto annullato la revoca, deliberata dal governo serbo nel 2022, di tutti i permessi e delle deliberazioni per l’estrazione e la realizzazione di una mega-miniera per l’oro bianco, pianificata nella Serbia occidentale, una mossa a cui le autorità serbe erano state costrette dopo le massicce proteste di piazza contro il litio.
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Ma quella decisione «non fu in linea con la Costituzione e la legge», hanno stabilito i giudici costituzionali del Paese balcanico. Non c’è tuttavia stata unanimità, con il giudice Milan Skulic che ha stigmatizzato «la rapidità non necessaria» con cui la Consulta si è espressa. Il risultato sostanziale non cambia, anche se il governo, oggi guidato da Milos Vucevic, potrà comunque ora «decidere» in autonomia «sulla futura realizzazione del progetto» Jadar, questo il nome in codice della miniera – tenendo però conto che da ora i permessi sono di nuovo validi. Era quello che chiedeva Rio Tinto, il colosso straniero che ha messo da anni gli occhi sulla Serbia, che nasconderebbe un tesoro nelle sue viscere, minerale vitale per la “green economy” e le batterie per le auto elettriche in particolare.
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La decisione è stata subito accolta con soddisfazione da Rio Tinto, con il direttore del progetto Chad Blewitt che ha assicurato che la Serbia potrebbe diventare una potenza economica «a livello globale» grazie al litio, attraverso un progetto che rispetterà i più alti standard di sicurezza serbi ed europei, ha giurato. E lo Jadar – su cui Rio Tinto ha promesso investimenti miliardari – potrà anche fungere da «catalizzatore per lo sviluppo di altre industrie con la conseguente creazione di migliaia di posti di lavoro oggi e in futuro», ha aggiunto.
Dissonante l’altra campana: il litio è considerato da opposizioni, attivisti ed ecologisti come un’arma a doppio taglio, fattore di devastazione dell’ambiente in particolare nell’area di Loznica, una delle più preziose dal punto di vista agricolo. La Consulta ha preso «una decisione politica» e i giudici «hanno calpestato la Costituzione», la durissima accusa lanciata da Savo Manojlovic, da sempre una delle anime del movimento ostile a Rio Tinto.
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Corte di Belgrado che avrebbe «agito in coordinamento con le autorità politiche e con Rio Tinto», ha rincarato Manojlovic, mentre centinaia di indignados, già giovedì, avevano circondato la sede della Consulta, nella capitale serba, per esprimere la loro rabbia per la possibile “ripartenza” del Progetto Jadar, uno scenario già più o meno esplicitamente evocato dal presidente Vucic e dalle massime cariche dello Stato. Se nuova luce verde sarà, «saremo costretti a fare nuovi passi», leggi manifestazioni e proteste, ha anticipato Zlatko Kokanovic, attivista di uno dei villaggi dove dovrebbe essere situata la miniera, sulla carta capace di produrre 60 mila tonnellate di litio all’anno, mentre emergono dubbi sulle reali capacità industriali dello Jadar. Una mappa, sviluppata da svariati esperti, ha infatti evidenziato che la Serbia non sarebbe in fondo così ricca di litio, a paragone coi potenziali giacimenti più importanti localizzati in Paesi Ue come Austria, Spagna e Francia. Ma forse qualcuno, nella Ue, preferisce scavare ed estrarre, attività comunque non priva di rischi, fuori dal suo cortile. —
