TRIESTE «Ho letto delle condizioni in cui sono costrette a vivere le persone detenute al Coroneo, e non sono riuscito a voltare pagina, a girare la testa dall’altra parte: sentivo di dovere fare la mia parte». Di fronte a un’emergenza come quella dalla casa circondariale Ernesto Mari – condivisa purtroppo dalla maggior parte delle carceri italiane – un imprenditore triestino ha alzato la cornetta, si è confrontato con la direzione del Coroneo e ha deciso di ordinare 60 specifici materassi e 60 cuscini per rinnovare la dotazione della struttura detentiva di Trieste.
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L’imprenditore, che per decenni ha gestito una delle imprese storiche più amate della città, preferisce mantenere l’anonimato. Non cerca visibilità, «ma ho deciso di rendere pubblico il mio gesto – testimonia – per stimolare altri triestini a dare una mano, a non dimenticarsi di quegli uomini e di quelle donne, che devono scontare una pena, ma non vanno considerati come dei reietti. Non è giusto farli vivere in quel modo: è come destinarli a una pena suppletiva, che nessuno ha inflitto loro».
L’imprenditore è credente e ricorda come «nel Vangelo secondo Matteo Gesù dice “perché io ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero malato e mi avete visitato, ero carcerato e siete venuti a trovarmi”. Ecco, questo passaggio mi ha fatto riflettere».
Avuto indicazioni precise dalla direzione del carcere – che ogni giorno fa i conti con il sovraffollamento, con le difficoltà di trovare un posto dove dormire alle nuove persone trasferite in carcere e con i problemi causati dalle infestazioni di cimici dei letti – l’imprenditore ha cercato chi potesse fornire quel tipo di materiale. Perché nelle celle devono entrare solo materassi specifici, con precise dimensioni e soprattutto ignifughi.
«Ho trovato la disponibilità a realizzarli e a fornirli da parte della Lineaflex (l’impresa che ha un punto vendita anche a San Dorligo della Valle) – riferisce l’imprenditore – e quando l’azienda ha saputo quale era la destinazione dei materassi, ha contribuito facendo uno sconto». Se tutto fila liscio, sbrigati ancora alcuni cavilli burocratici, a breve la casa circondariale potrà godere della nuova dotazione.
«Ho conosciuto negli anni alcune persone che hanno fatto volontariato in carcere – aggiunge il benefattore – e so che ci sono altri triestini che danno una mano: ciò mi conforta, ma spero che il mio gesto, oltre che a alleviare di un minimo le condizioni di quelle persone dimenticate, dia lo spunto ad altri per intervenire e aiutare».