Il ministro degli Interni Dačić l’ha fermato per il rischio di disordini. Proteste dell’ultradestra nazionalista con lo slogan «Kosovo, Serbia»
BELGRADO. Anche un saluto all’apparenza banale, come l’augurio di buongiorno, può sollevare un polverone ed enormi polemiche, nei Balcani. E svelare sfortunatamente anche un altro volto, nazionalistico e reazionario, di un governo e di parte dell’opinione pubblica. “Miredita, dobar dan” (buongiorno, in lingua albanese e serba, nda) che è il nome di un importante festival culturale all’insegna della pace e della riconciliazione, uno degli appuntamenti più attesi dalla società civile nella regione, che va in scena ogni anno a Belgrado e a Pristina, dal 2014.
L’obiettivo dell’iniziativa, nobile: «mettere insieme artisti dal Kosovo e dalla Serbia», presentare «la scena culturale» delle due nazioni e soprattutto «contribuire alle aspirazioni di pace tra Serbia e Kosovo», attraverso musica, cinema, teatro, dibattiti, spiegano gli organizzatori. Ma quest’anno, non ci sarà nessun “Miredita, dobar dan”, almeno a Belgrado, dov’era in agenda dal 27 al 29 giugno, un mese circa dopo la speculare tappa a Pristina. Lo hanno annunciato gli stessi promotori del festival, specificando di aver ricevuto una «notifica verbale» e poi scritta da parte del ministero serbo degli Interni su «un divieto di tutti gli eventi nell’ambito di “Miredita, dobar dan”», anche quelli riservati ai soli artisti e chiusi al pubblico. A stretto giro di posta, la conferma ufficiale da parte dello stesso neo-ministro degli Interni serbo, Ivica Dačić, che in una nota ha specificato di aver «ordinato l’interruzione del raduno pubblico» Miredita, dobar dan «per pericoli alla sicurezza delle persone e degli immobili» e per il rischio di disordini.
Il sindaco di Belgrado, l’ex campione di pallanuoto reinventatosi in politica, Aleksandar Šapić, aveva addirittura accusato il festival di «sfidare la sovranità e l’integrità territoriale della Serbia», semplicemente cercando di sfruttare la forza dell’arte e della cultura a favore della riconciliazione.
Divieto al festival che è arrivato dopo giorni di “moral suasion” da parte delle autorità, che avrebbero cercato di convincere gli organizzatori a cancellare il consesso. E in contemporanea con un meeting di gruppi dell’ultradestra nazionalista, riunitisi davanti al centro che avrebbe dovuto ospitare Mirdita, dobar dan, impugnando fumogeni, sventolando bandiere serbe e vessilli con la mappa del Kosovo e la scritta «nessuna resa», urlando lo slogan «Kosovo, Serbia».
Ma può un pugno di estremisti imporre a un governo che guarda alla Ue di cancellare un festival? Non la pensano così in molti, a Belgrado, con svariati partiti di opposizione che hanno parlato di «decisione vergognosa». Lo stop è «una violazione della Costituzione, della libertà di assemblea, movimento, espressione». Ci è andata giù durissima l’Ong regionale Youth Initiative for Human Rights (Yihr), che organizza l’evento. E che ha rincarato, dicendo che il divieto «cancella ogni illusione che questo governo abbia come priorità la risoluzione pacifica della questione Kosovo o l’integrazione europea della Serbia». «Il governo ha deciso di schierarsi con hooligan e con il più profondo oscurantismo nazionalistico», ha fatto eco anche la storica “pasionaria” dei diritti umani Nataša Kandić, che ha stigmatizzato il fatto che in Serbia non si possa più «organizzare un dibattito sulla riconciliazione o una protesta contro la glorificazione di criminali di guerra». Ma anche il premier kosovaro Kurti ha preso la palla al balzo. Parlando, a proposito delle scene osservate a Belgrado, di «grottesca parata di odio e messaggi discriminatori».