GORIZIA «È lo scandalo goriziano». Va giù duro, anzi durissimo, il Partito democratico, definendo quel “pasticciaccio” dell’ascensore al Castello. Se ne parla da 25 anni, date relative all’inaugurazione non sono state comunicate, l’ultimo atto riguarda la posa in opera (in fretta e furia) di linee-vita per garantire l’esodo in sicurezza degli utenti eventualmente bloccati nella cabina per un’avaria o malfunzionamenti dell’impianto e per effettuare le operazioni di manutenzione. Possibile che solo ora ci si accorga che quest’opera era necessaria?
L’opposizione ha gioco facile nell’attaccare. «Sì, i continui ritardi nell’entrata in funzione dell’impianto di risalita sono un vero scandalo goriziano», lo dice senza mezzi termini il capogruppo del Partito democratico, Marco Rossi che, per anni, ha dato voce alle preoccupazioni dem circa i costi di gestione dell’impianto e le spese più volte lievitate.
[[ge:gnn:ilpiccolo:14163302]]
«Nel 2021 - sottolinea Rossi - avevo stimato che il costo doveva collocarsi tra i 7 e i 9 milioni, oggi siamo probabilmente arrivati ad una cifra prossima ai 10 milioni».
Secondo il consigliere comunale, i continui ritardi di quest’opera sono solo un aspetto («certamente quello più vergognoso») della questione. L’altro, infatti, è quello dei costi di gestione e di manutenzione che i democratici susseguitisi alla guida del gruppo consiliare, da Cingolani a Rossi, hanno più volte sottolineato.
«La copertura dei costi di gestione attraverso fondi legati alla Capitale europea della Cultura risolve il problema della gestione solo nel breve termine. Dal 2026, però, chi pagherà? Sarà un costo per il Comune? O diventerà l’unico investimento sul trasporto locale che, peraltro a Gorizia, come svelato da un convegno Cisl di questi giorni di cui ha dato notizia “Il Piccolo”, vede già indicatori di utilizzo e di sviluppo della rete tra i più bassi del Nordest?».
[[ge:gnn:ilpiccolo:14135591]]
La copertura dei costi attraverso i biglietti, secondo Rossi, «è chiaramente non realistica, questo lo sanno tutti, mentre i costi manutentivi di impianti di questo tipo sono elevati, così come gli adeguamenti alle misure di sicurezza che nel corso degli anni mutano, e quanto evidenziato dal Piccolo in relazione all’ultimo lavoro previsto ne è la riprova». Senza contare, per Rossi, che resta comunque «incredibile» l’incapacità di dare tempi ragionevolmente certi per il completamento, a dimostrazione che «non c’è alcun vero tentativo di programmazione ma si va avanti a caso».
Per l’esponente dem, peraltro, l’intera scelta del progetto rimane un grave errore: «Quante cose si sarebbero potute realizzare con 10 milioni di euro? La scelta di andare avanti fu peraltro discrezionale, non obbligata, visto che una norma della Finanziaria regionale del 2005 (articolo 5, comma 42), per iniziativa dell’allora consigliere regionale Franco Brussa, autorizzasse la richiesta di aggiornamento del programma straordinario per il Millenario della città e, dunque, la possibilità di dirottare i fondi ad un altro progetto o di modificarlo. In sostanza, la montagna di soldi regionali poteva esser destinata alla riqualificazione del centro storico: e così fece, in parte, l’allora sindaco Brancati destinando alla riqualificazione di via Rastello una quota degli stanziamenti».
Due ditte fallite, il ritrovamento di un muro medievale con tutta la trafila imposta dalla Soprintendenza, poi il rinvenimento di alcuni scheletri. Non poteva mancare un residuato bellico. E, come se non bastasse, la pandemia da Covid-19, la chiusura forzata del cantiere, l’esplosione dei costi delle materie prime, la difficoltà ad individuare un ente gestore. Una sequela di sventure e si potrebbe continuare ancora.
RIPRODUZIONE RISERVATA
