Per affrontare storia e futuro della A2 ripartiamo da uno stralcio dell’articolo della scorsa settimana. Il termine di questa stagione agonistica per i campionati di A2 e B porterà a una sorta di “Controriforma della Riforma” dei campionati, ovvero un repentino salto all’ indietro di una dozzina d’anni per annullare gli effetti della eliminazione del professionismo nei tornei inferiori alla serie A (attuazione 2013). Fortemente voluto dagli allora vertici di Fip e Lega Nazionale, sostenuto dalle piccole società di minor peso a discapito di club più lungimiranti, l’attuale asset ha seminato solo macerie:
A) Instradamento alle scorciatoie fiscali, che non hanno comunque impedito la chiusura di club negli anni, B) Depauperamento del livello tecnico, con i pochi talenti disponibili dispersi in troppe squadre, C) Dimezzamento dei visti disponibili per extracomunitari,che costringono i club ad esservi legati mani e piedi, D) La creazione della famigerata categoria Under, riserva protetta per giovani italiani e formati, che un movimento giovanile in sofferenza come l’ italiano dell’ultimo ventennio non riesce ad implementare a sufficienza.
QUANTE SVOLTE La storia del campionato di A2 ci parla di una competizione che ha avuto notevoli mutazioni in corso d’opera a partire dalla sua istituzione nel 1974, quando il massimo campionato nazionale venne diviso in due tronconi per favorire l’avvento di grandi piazze allora emergenti (in primis Roma,Napoli e Genova). Dopo un paio d’annate che potremmo definire di sperimentazione,dalla stagione 1976/77 anche le migliori due squadre di A2 potevano ambire addirittura al massimo scudetto nazionale previo precedente confronto con teams di A1 in quella che venne definita “Poule Scudetto“.
Attraverso vari adattamenti la commistione tra due campionati gestiti da un’unica Lega (attraverso innovazioni come i playout e, udite udite, la fase ad orologio) diventa negli anni sempre più stretta, in un travaso che ha spesso concesso quattro promozioni dirette in A1, una formula che toglieva drammaticità alle stagioni negative ed esortava a programmazioni societarie ad ampio respiro. Di questo contesto trasse giovamento proprio la PallTs mitica del duo Lombardi/Laurel tagliando il traguardo nelle stagioni 79/80 e 81/82, oltre alla Stefanel di Tanjevic nell’89/90: esperienze play-off comuni che erano possibili grazie ad un’eleggibilità paritaria tra i tornei, che prevedeva una presenza paritaria di 8 italiani e due stranieri, di qualsivoglia provenienza.
Punto di svolta successivo fu la stagione 94/95,con la sentenza Bosman ad ingenerare il professionismo, ma al tempo stesso un’acquisizione più libera nello status degli atleti. Di fatto le competizioni cominciarono ad essere distinte seppur professionistiche, con la creazione di play-off per la sola promozione in A1,e sfociarono all’alba del Duemila alla differenziazione tra Lega Serie A e Legadue. I primi anni con una “deregulation“ quasi totale sull’acquisizione dei giocatori stranieri spesso non di chiara fama non contribuirono all’affermazione della seconda Lega: io stesso ho un personale ricordo di una stagione 2002/03 giocata con 7 stranieri e tre italiani a referto. La normalizzazione successiva con regole certe e la valorizzazione del prodotto italiano hanno portato alla definitiva consacrazione del campionato, sino all’inopinata scelta della rinuncia al professionismo del 2014.
IL FUTURO Ora, il futuro: una grande occasione da non sprecare dalla stagione 2024/25,per recuperare il tempo perduto. Nulla è stato deciso nel dettaglio, ma la mia visione è chiara. Riavvicinandosi a regole fiscali professionistiche, nella sostanza più ancora che nella forma, un campionato di A2 a 20 squadre girone unico, con una promozione diretta e altra dopo i play-off, con una buona interazione e travaso con la B che deve essere a sua volta valorizzata rispetto agli ultimi anni. Per l’eleggibilità atleti, 8 giocatori italiani formati e tre stranieri, di cui due con visto di ingresso (e uno in più a disposizione del singolo team) e un Bosman A Under 25, che possa avere stimoli per affermarsi. Nessun criterio di privilegio per under italiani: la strada dell’affermazione personale passa per contese di così alto livello.
