Dall’ergastolo a 18 anni di pena. I giudici della Corte d’assise di appello di Cagliari hanno ridotto la condanna nei confronti di Alba Veronica Puddu, l’ex dottoressa di 53 anni di Tertenia, accusata di omicidio volontario aggravato, circonvenzione di incapace e truffa per aver promesso di curare i tumori con gli ultrasuoni. In parziale riforma rispetto al fine pena mai inflitto in primo grado, i giudici di secondo grado hanno riconosciuto alla donna il parziale vizio di mente e la prescrizione dei reati minori, confermando invece la provvisionale sui risarcimenti. L’imputata è stata condannata a 18 anni di carcere.
Accolte le richieste del procuratore generale Luigi Patronaggio, che aveva chiesto di riformare sì l’ergastolo, ma di condannare comunque l’imputata – nel frattempo radiata dall’ordine dei medici – per i fatti contestati. Gli avvocati difensori Gianluca Aste e Michele Zuddas si riservano sul ricorso per Cassazione dopo aver letto le motivazioni della sentenza. La perizia psichiatrica disposta dalla Corte e affidata al professor Elvezio Pilfo – già perito di Annamaria Franzoni del caso Cogne e più recentemente nel processo ad Alessia Pifferi – aveva stabilito la parziale incapacità di intendere e di volere dell’imputata ritenendola però “socialmente pericolosa e non in grado di esercitare la professione medica”. L’indagine era partita dopo un’inchiesta della trasmissione Le Iene nel 2017, in cui venivano segnalati casi di malati oncologici che avevano abbandonato le terapie tradizionali per quelle proposte da Alba Veronica Puddu.
Tre i casi finiti sotto indagine. L’accusa di omicidio volontario era rimasta in piedi solo per la morte di Fiorenzo Fiorini, una delle tre vittime. Gli altri capi di imputazione, invece, erano relativi a tutti e tre i pazienti deceduti: oltre a Fiorini, Davide Spanu e Franco Garau. Nel 2018 la Procura di Lanusei aveva sequestrato nello studio della professionista a Tertenia parte della sua strumentazione medica. Nel maggio 2018 il giudice per le indagini preliminari aveva interdetto la donna dall’esercizio della professione medica.
“Ho sempre spiegato ai miei pazienti che le mie non erano terapie oncologiche e che i miei trattamenti potevano funzionare come terapie del dolore. Ho sottolineato inoltre i pro e i contro delle terapie – aveva dichiarato aggiunto la dottoressa – Tutti e tre i pazienti deceduti erano in una fase terminale della malattia. Per quanto riguarda Fiorini aveva scelto lui di non sottoporsi agli esami diagnostici e alle cure”. In aula, durante il dibattimento di primo grado, aveva testimoniato anche la moglie di Fioroni, colpito da un melanoma infiltrante di quarto grado e morto a 57 anni. “Dopo il trattamento la dottoressa diceva a mio marito che era ‘pulito’, invece il tumore andava avanti” aveva raccontato ai magistrati Erica Caboi. L’uomo si era convinto a seguire le “cure” dell’imputata, rinunciando anche all’asportazione di un linfonodo. La donna più volte ha ripetuto che Alba Veronica Puddu avrebbe dato speranze. Poi l’aggravarsi delle condizioni, il ricovero e il decesso in pochissimo tempo. Alcuni di questi incontri con la dottoressa – sedute ogni dieci giorni con ultrasuoni – sarebbero stati ripresi dalla moglie col proprio telefonino, tanto che la Corte d’assise ne aveva ordinato l’acquisizione dei filmati.
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