Da TikTok a X passando per YouTube, dal 29 dicembre i social sono in fermento. A colpirli non è lo spettacolo talvolta suggestivo che sa offrire la nebbia sui campi in assetto invernale, quanto piuttosto il suo lato misterioso e spettrale. I video si susseguono uno dietro l’altro, con hashtag ricorrenti quali nebbioso, alieni, odore chimico, inquietante.
L’allarme si propaga dal Texas, Wisconsin, Iowa, Maryland, Virginia, West Virginia, Nebraska, Kansas, Oklahoma, North Dakota, Florida e Minnesota, e si sta diffondendo in Canada e Regno Unito. Perché secondo i social questa nebbia non sembra nebbia e odora di sostanze chimiche. Un utente su X la descrive come densa e persistente. “Questa nebbia non è naturale… ha qualcosa di strano”. E un altro scrive: Troppo densa. Troppo controllata… Sembra ingegnerizzata”. La presunta conferma arriva da altri utenti: la nebbia fa comportare in modo insolito persone, animali domestici e uccelli. Ma soprattutto, fa ammalare dopo pochi minuti di esposizione con sintomi influenzali: occhi gonfi e brucianti, sensazione di febbre, mal di gola, stomaco e testa sono quelli più frequentemente riportati dagli utenti. Più che sufficiente perché nascessero teorie complottistiche.
Alieni o terrorismo?
Nei giorni scorsi il Daily Mail ha paragonato la situazione a quella creatasi con l’operazione “Sea-Spray”, condotta nel 1950 dalla Marina statunitense: un esperimento segreto di guerra biologica che comportò lo spargimento di alcuni batteri (Bacillus globigii e Serratia marcescens) sopra la baia di San Francisco per valutare la vulnerabilità di un grande agglomerato urbano a un attacco biologico. Non fu una buona idea: si ammalarono molte persone e almeno una morì. L’auspicio è che sia servito di lezione. Ma il fatto di aver ricordato questo evento, combinato con l’avvistamento di alcuni droni, è bastato perché i social si scatenassero e parlassero di guerra biologica e di strane macchine che dispensano sostanze chimiche nell’aria! Ma la spiegazione è molto più semplice.
Nient’altro che nebbia
Proprio nei giorni precedenti il 29 dicembre, il servizio meteo statunitense aveva avvisato che in molte zone si sarebbe diffusa la densa nebbia da avvezione che, come spiega il glossario del sito del consorzio Lamma, “si forma a seguito della condensazione di aria umida e calda in scorrimento sopra una superficie fredda”. Per inciso, il sito fa presente che in inverno questo fenomeno atmosferico è comune anche in Italia, in mare aperto e lungo le coste, perciò se l’avvistate sappiate che non c’è nulla di strano!
Per quanto normale, la nebbia non è comunque esente da conseguenze sulla salute, anche perché è dimostrato che trattiene le sostanze inquinanti (il che spiega l’odore chimico) e aumenta la tossicità del particolato atmosferico. “Le goccioline di nebbia catturano particelle di aerosol, provocandone in parte la deposizione, in parte modificandone la composizione chimica, per poi rilasciarle in atmosfera, quando la nebbia si dissipa. La nebbia può quindi agire come un reattore in grado di modificare le caratteristiche di tossicità delle sostanze chimiche contenute nel particolato atmosferico (PM), compresi molti inquinanti”, spiega Stefano Decesari dell’Isac-Cnr. Ma basterebbe già il suo mix di goccioline fredde e umide per irritare gli occhi e disturbare le vie respiratorie, infiammando i bronchi e aumentando la produzione di muco. Gli effetti sono naturalmente peggiori per chi soffre di asma e malattie respiratorie. Se poi aggiungiamo che siamo nel periodo dell’influenza, non c’è da stupirsi che molti utenti social abbiano parlato di sintomi di questa natura.
Il tamtam social
Dal punto di vista psicologico, come si spiega questo ingiustificato allarme? “Le segnalazioni di una nebbia misteriosa che fa ammalare gli americani riflettono i timori prevalenti della nostra era digitale”, scrive Psichology Today, parlando di “una classica situazione di avvistamenti di massa di qualunque cosa, dai droni a Bigfoot”. È sufficiente un post su un social per accendere una polveriera, diffondendo “timori che possono avere ripercussioni in tutto il mondo”. Senza il tamtam mediatico, la nebbia densa con i suoi cattivi odori passerebbe inosservata, perché non è certo la prima volta che si verifica. Ma quando la situazione è già tesa per altre preoccupazioni – attualmente, quelle di attacchi terroristici – basta un piccolo input per fare esplodere la miccia.
A questo proposito, Psichology Today cita un caso emblematico avvenuto nel 1954 a Seattle, ai tempi dei test atomici condotti dagli Usa nel Pacifico. Comprensibilmente, la gente era allarmata per i possibili effetti. Un bel giorno, a Seattle qualcuno si accorse che sui parabrezza erano comparsi dei minuscoli puntolini. Ne parlarono i giornali, e in breve tempo migliaia di persone dello stato di Washington osservarono lo stesso fenomeno, che veniva collegato alle radiazioni nucleari. Le autorità avviarono un’inchiesta, da cui risultò che i puntini c’erano sempre stati, ma che fino ad allora non se ne era accorto nessuno. Così, un fatto che normalmente passa inosservato diventa virale se qualcuno comincia a farlo notare – e in questo i social sono maestri. “Che si tratti di parabrezza, nebbia o Bigfoot, il processo è straordinariamente simile”, conclude Psichology Today.
L'articolo Una nebbia fitta e puzzolente avvolge ogni cosa: “È la simulazione di una guerra biologica o sono gli alieni che rilasciano sostanze chimiche”. Ecco come stanno davvero le cose proviene da Il Fatto Quotidiano.