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Caso Farfalle, il lato “malato” della ginnastica | Dal guinzaglio alle urla “sei un maiale”: tutto ciò che è emerso dal fascicolo su Maccarani

È questione di giorni, ormai, perché il Tribunale di Monza comunichi se le accuse a carico di Emanuela Maccarani, direttrice tecnica e allenatrice della nazionale di ginnastica ritmica, potranno essere archiviate o se la questione è tutt’altro che conclusa. Non è una decisione semplice quella che è chiamata a prendere la gup Angela Colella in merito alla vicenda dei presunti maltrattamenti nei confronti delle giovani ginnaste a opera di Maccarani e dell’altra indagata, Olga Tishina, sua vice allenatrice. Lo scorso agosto è arrivata la richiesta di archiviazione da parte della Procura. Precisamente, il 13 agosto. Cioè, due giorni dopo la fine delle Olimpiadi di Parigi e due prima di Ferragosto. Richiesta di archiviazione a cui si è opposta Anna Basta, una delle ex atlete che hanno puntato il dito contro i metodi dell’”allenatrice più medagliata d’Italia” e che, tramite il suo legale Giovanni Battista Frisoli, ha chiesto di indagare anche per abuso dei mezzi di correzione o di disciplina, oltre che per maltrattamenti. Starà dunque al giudice accogliere l’opposizione oppure la richiesta di archiviazione.

Nel frattempo, un po’ di cose sono cambiate: il Coni ha deciso che il processo sportivo si farà nuovamente – in seguito alle nuove intercettazioni pubblicate sui giornali e dopo che nell’ottobre del 2023 si era concluso con una semplice ammonizione per Maccarani – e il procuratore Rossetti, la cui posizione è stata poco chiara nella vicenda, rischia la rimozione anticipata dall’incarico. Il presidente della Fgi Gherardo Tecchi non si ricandiderà a capo della Federazione, una volta scaduto il suo mandato a marzo, mentre Giovanni Malagò ha iniziato la sua personale battaglia per arrivare a ottenere il quarto mandato della presidenza dell’ente sportivo. La capitana Alessia Maurelli e la sua compagna di squadra Agnese Duranti hanno annunciato il ritiro dalla ritmica, e il contratto di Emanuela Maccarani, scaduto il 31 dicembre scorso, è stato prorogato di sei mesi, anziché essere rinnovato di un anno come sarebbe dovuto accadere. In attesa di vedere cosa succederà.

Ci sono voluti due anni di indagini da parte della Procura di Monza per accertare i fatti di un caso nato a livello mediatico. Tutto è partito dalla denuncia sui giornali dell’ex atleta Nina Corradini nell’ottobre 2022, la prima a parlare della pesante condizione psicologica vissuta dalle ginnaste dentro l’Accademia di Desio. A quelle prime dichiarazioni ne erano seguite altre, tra cui quelle di Anna Basta, che aveva lasciato a un passo dalle Olimpiadi di Tokyo, e Giulia Galtarossa, ex componente della squadra e per un periodo assistente della stessa Maccarani. Le ginnaste hanno raccontato di come la pesata quotidiana, in fila indiana nello spogliatoio della palestra con indosso solo gli slip (meglio evitare di contare i due etti del reggiseno), i commenti sulle minime variazioni di peso e gli insulti che seguivano sulle pedane, portassero ad ansie tali da far arrivare qualcuna di loro a ingerire lassativi, e in generale a lasciare in eredità disturbi alimentari e forti insicurezze personali.

Le umiliazioni: dal lancio di bottiglie al guinzaglio del cane
Le indagini hanno richiesto il sequestro di sette cellulari (delle due indagate, di due membri dello staff tecnico e di tre atlete della nazionale, tra cui la capitana Alessia Maurelli), le cui trascrizioni di chat e messaggi sono finite nel faldone insieme a intercettazioni ambientali e a decine di interrogatori. Un lungo e meticoloso lavoro in cui sono stati messi nero su bianco insulti, umiliazioni e scene decisamente poco edificanti per la direttrice tecnica. L’altra indagata, Tishina, è rapidamente scivolata in una zona d’ombra, essendo evidente per la Procura la sua “condizione di asservimento ai voleri di Maccarani”. Tanto per comprendere il clima di terrore descritto dalle giovani, si parla di lancio di bottiglie (“Ci ha tirato delle bottigliette congelate d’acqua addosso e noi dovevamo schivarle, perché era arrabbiata con noi”, “Ogni tanto rovesciava tavoli e sedie quando si arrabbiava”) e addirittura del guinzaglio del cane (“Mi ha lanciato dietro il guinzaglio del cane, urlandomi contro”). Quest’ultimo episodio è emerso dal cellulare di Alessia Maurelli, che in un vocale mandato a un’amica ha assecondato il bisogno di sfogarsi su quanto subito in palestra, anche in virtù del suo delicato ruolo di capitana. Dalle trascrizioni dei suoi messaggi è uscita fuori una realtà ben diversa da quella che aveva descritto nelle sue prime sommarie informazioni testimoniali. “Ci sta rovinando di salute mentale e fisica”, “ti priva di ogni tuo senso civico umano, non esiste più il rispetto per sé stessi, cioè che ti pisci addosso, che vomiti dalla fatica… Non le importa, non le interessa. E anche a noi non interessa più”. E ancora: “Allenamento di dieci ore con una concentrazione che… senza bere, cioè veramente, non… cose che non sono umane, ma non mi scandalizzo più”. L’autorità giudiziaria ha evidentemente ritenuto che la capitana non dovesse perdere la capacità di scandalizzarsi, tanto da iscriverla come persona offesa del reato di maltrattamenti dopo aver analizzato il contenuto del suo cellulare. È stata premura della stessa Maurelli, nella successiva audizione, spiegare che le “tantissime umiliazioni” che passavano per sfoghi (del tipo: “Sembrava posseduta. A un certo punto pensavo che picchiasse una mia compagna”) fossero solo modi per spronarla a fare meglio. Descrivendosi peraltro come una ragazza a cui piace esagerare ed essere compatita.

L’inventario delle umiliazioni: dai gesti d’ira agli insulti
Le pm Manuela Massenz e Cinzia Citterio si dicono comunque colpite da “l’estensione nel tempo di queste manifestazioni di rabbia e sofferenza di Maurelli verso l’allenatrice, protrattasi dal 2017 – periodo di inizio dell’analisi sulle copie forensi – fino, da ultimo, all’estate del 2022, quindi poco prima della nascita del caso mediatico”. Certo, da quel momento in poi le Farfalle si sono ricompattate intorno alla loro allenatrice, tanto da dedicarle il bronzo vinto alle Olimpiadi di Parigi. Ma è difficile immaginare che le situazioni descritte dalle atlete interrogate dall’autorità giudiziaria fossero completamente inventate o sempre travisate. In realtà, proprio nella richiesta di archiviazione le pm stesse mostrano di credere alle parole ascoltate e tracciano la personalità di Maccarani come dotata di “un equilibrio personale del quale pare lecito dubitare, fatto di urla ingiustificate, reazioni sproporzionate nella conduzione degli allenamenti, comportamenti offensivi anche della dignità professionale dei suoi collaboratori, prese di mira dell’atleta di turno in una sorta di lotteria in cui ciascuna di esse, con cadenza periodica, spera di non essere estratta a sorte”. Fra le 350 pagine di atti giudiziari si trova una comoda suddivisione in paragrafi dei comportamenti attribuibili alla direttrice tecnica, un vero e proprio inventario. “Urla e gesti d’ira incontrollati”, si intitola il primo, “Insulti” il secondo (e qui c’è una gran varietà di offese, che va da “testa di minchia” a “cogliona”, passando per l’immancabile “fai schifo”). Poi c’è il paragrafo intitolato “Riferimenti all’aspetto fisico” (“Sei grassa, non riesci per il peso, non entri nel cerchio”, “Sei un maiale, guarda che cosce”, tanto per citarne un paio) e infine quello dedicato alle umiliazioni. Alcune sono fantasiose, va detto, come: “Tu hai solo capelli in testa, non capisci un cazzo, non so perché sei qui, non arriverai da nessuna parte, potrai fare solo la parrucchiera come tua madre nella vita”. Altri episodi lì riportati non possono proprio lasciare indifferenti, come l’atleta che racconta di aver dovuto eseguire l’esercizio da sola, con le altre sedute sul bordo della pedana “affinché le mie compagne potessero rendersi conto che ero grassa e che mi ballava il culo”.

Un mondo “malato”: Maccarani godeva di “immunità totale”
Più di una ragazza usa il termine “malato” per descrivere il mondo della ginnastica. Viene scritto senza lasciar spazio a fraintendimenti come la posizione di Maccarani sia di potere assoluto, dentro l’Accademia e fuori, avendo accumulato una serie di titoli che le garantiscono, scrivono le pm, “una sorta di immunità totale” che coinvolge sia chi lavora a stretto contatto con lei (potendo essere estromesso da funzioni e incarichi), sia chi, in teoria, dovrebbe controllare il suo operato. Senza considerare, naturalmente, le ginnaste, le cui carriere dipendono esclusivamente da lei. Dalle intercettazioni si evince chiaramente come Tecchi stesso sia perfettamente consapevole del fatto che Maccarani si trovi tecnicamente in una posizione superiore alla sua a livello gerarchico, essendo l’allenatrice anche componente del consiglio e della giunta Coni, quindi sopra la presidenza della Federazione. “Lei è una delle dieci maggiori persone del Coni, dello sport italiano”, commenta Tecchi al telefono, e il suo interlocutore ci mette il carico da cento: “Vedi cosa succede se viene fuori ‘Indagata Maccarani’, il titolo in prima pagina. Che reazione dobbiamo avere? La difendiamo? La scarichiamo? La sospendiamo? Ci mettiamo dalla parte delle vittime?”. E non è che Maccarani non sia conscia della posizione privilegiata di cui gode. Una consigliera federale, ascoltata dal pubblico ministero, racconta: “Ho sentito che la Maccarani è entrata in possesso delle dichiarazioni rese all’A.G. (autorità giudiziaria) da alcune atlete e le ha mostrate in palestra dimostrando, a mio parere, il suo potere e incutendo così timore nelle ragazze che poi venivano convocate in Procura e che quindi sapevano che poi le loro dichiarazioni sarebbero state lette dalla Maccarani”.

Le accuse alla Federginnastica: “Mai effettuata alcuna indagine disciplinare”
Fra tutte le ginnaste chiamate a raccontare la propria versione dei fatti, le pm hanno constatato come quelle ancora in attività abbiano difeso l’allenatrice negando del tutto di aver assistito a episodi discutibili o di averla sentita pronunciare espressioni offensive (e per questo sono state identificate come poco attendibili), oppure ridimensionando di molto la questione. Le accuse più solide e circostanziate sono venute da chi, invece, non sale da un po’ su quelle pedane. Mostrando di dare credito a queste ultime dichiarazioni, la Procura si domanda come mai, nel corso degli anni, “non risulta mai effettuato alcun intervento, verifica, indagine disciplinare, anche solo momenti di confronto in ambito federale sul tema del rispetto delle atlete”. Anzi, sembra quasi restituire la palla all’ente sportivo, bacchettandolo più volte sulle sue carenze e invitandolo a non sottovalutare la rilevanza civile o disciplinare di quanto emerso dalle indagini, paventando anche l’ipotesi di allontanamento di “figure prive di requisiti minimi di serietà professionale”.

Le ragioni della richiesta di archiviazione
E però è la stessa Procura arriva a chiedere l’archiviazione. Il reato di maltrattamenti non è configurabile, come impone la legge Cartabia, “con ragionevole previsione di condanna”, non perché le pressioni psicologiche non siano effettivamente avvenute, ma perché non è possibile descrivere “l’abitualità delle condotte vessatorie per ciascuna delle ginnaste destinatarie dei comportamenti” di Maccarani. Si parla infatti di “abitualità che costituisce elemento fondante del reato in esame”. Eppure, non si possono nascondere le dichiarazioni delle giovani ginnaste contenute negli atti giudiziari. Negando la continuità nel tempo delle vessazioni psicologiche subite da Basta e Corradini, infatti, l’autorità giudiziaria sembra dare ragione a chi, tra le atlete ancora in attività, ha specificato che i nervosismi dell’allenatrice si facessero sentire nei periodi più stressanti, cioè tra gennaio e marzo, il tempo dedicato alla composizione dei nuovi esercizi. Nonostante questo, però, nelle carte della Procura emerge per pagine e pagine il terrore vissuto dalle due atlete davanti alla bilancia, momento a cui potevano seguire offese e umiliazioni. E quest’ansia raccontata da Anna Basta e Nina Corradini era vissuta ogni singolo giorno che hanno passato dentro l’Accademia.

L’assenza di un nutrizionista e lo psicologo “amico” della dt
La responsabilità di Maccarani, inoltre, sarebbe limitata dal fatto che è compito della Federazione assicurare la presenza di un nutrizionista a cui le ragazze possano rivolgersi, e non lasciare “la valutazione del peso imposto alle atlete e le regole alimentari interamente a chi, l’allenatrice, non dispone di alcun parametro valutativo di fondamento scientifico, ma decide ‘a occhio’” (Giulia Galtarossa spiega che il metodo di determinazione del peso era pesare venti chili in meno dell’altezza: “Io sono alta 1,78 metri e al massimo avrei dovuto pesare 58 kg”). La rilevante interferenza di Maccarani in un ambito che non le competeva, per l’accusa passerebbe quindi in secondo piano perché la federazione avrebbe dovuto prevedere l’assunzione di un professionista che sarebbe stato in grado di “evitare e risolvere” il malessere. Stesso discorso dovrebbe valere per la figura dello psicologo, che in questo caso era pure presente a Desio, ma le cui sedute andavano deserte perché apertamente presentato come amico della dt. Per la Procura infatti non si può procedere per il reato di maltrattamenti, nel caso specifico di Beatrice Tornatore, “anche per l’assenza di un’indispensabile figura professionale di supporto psicologico che forse avrebbe potuto aiutare la giovane a superare il momento critico e, se davvero indipendente, a far comprendere all’allenatrice la condizione critica e le modalità di relazione in assenza evidente di qualsiasi capacità di empatia dell’indagata”. Le pressioni di Maccarani sono state devastanti per l’equilibrio psichico di Tornatore, ma nessuno era in grado di fermare l’allenatrice, secondo la Procura anche perché mancava una figura deputata a intervenire.

“Le atlete più resistenti ai soprusi hanno proseguito”
Per quanto riguarda Alessia Maurelli e le presunte vessazioni da lei subite, la richiesta di archiviazione si conclude annotando semplicemente come “l’atleta per prima non è disposta, a distanza di tempo dai fatti, a riconoscere la gravità degli atteggiamenti assunti da Maccarani avendo continuato da ‘vincente’ l’attività agonistica”. Interessante questo concetto di “vincente”; uno dei motivi che secondo la Procura impedisce di rinviare a giudizio Emanuela Maccarani è perché “a condotte analoghe sono derivate conseguenze diverse in ciascuna delle atlete dato che alcune, presumibilmente più resistenti ai soprusi, hanno proseguito e proseguono nell’attività agonistica, mentre altre hanno preferito sottrarsi alle vessazioni rinunciando a un sogno costato anni di sacrifici”. In pratica, chi stringe i denti e sopporta in silenzio le violenze, vince. Chi denuncia, non è abbastanza forte e si trova costretto a rinunciare ai propri sogni. È un ragionamento quantomeno controverso, che fa il paio con quanto sostenuto da Maurelli, rispondendo alla Procura: “La Maccarani ha portato diverse vittorie. Voi lo vedete come un ambiente malato, ma io farò la terza Olimpiade, quindi siamo tutte malate che continuiamo a rimanere qui dentro?”. Anche Nadia Comaneci, però, vinceva.

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