Il mondo del calcio sudamericano è in lutto per il ritrovamento, in una stanza di un hotel in Ecuador, ad Ambato, del corpo di Mathias Acuna. Il 32enne uruguaiano stava per iniziare il ritiro precampionato con il Mushuc Runa, squadra di cui era l’attaccante. Le cause del decesso paiono chiare: si è trattato di suicidio. A dare la notizia della sua scomparsa sono stati il club e Johan Wilson, il suo procuratore.
“Sono qui per dare tutto e offrire il mio contributo alla squadra perché possa raggiungere gli obiettivi prefissi. Siamo qui per lottare e conquistare le vittorie. Quando inizierà il campionato, vedremo cosa saremo veramente in grado di fare”, aveva dichiarato Acuna alla stampa il 3 gennaio, giorno del suo sbarco in Ecuador. Parole che lasciavano trapelare un certo entusiasmo verso il futuro, difficile dunque immaginarsi che l’uomo voleva farla finita. Gli inquirenti stanno infatti indagando sul suo passato per capire le possibili cause dietro all’estremo gesto.
Nelle ultime ore si è appreso che Acuna era stato denunciato per presunte violenze verso la moglie. Per questo motivo al calciatore era stato chiesto di indossare un braccialetto elettronico alla caviglia. La richiesta della misura cautelare proveniva dalla giustizia uruguaiana e successivamente è stata accolta da quella ecuadoriana nelle ultime settimane. Tuttavia, il 32enne aveva negato le accuse: “Lo fanno come misura cautelare, non perché io sia colpevole. Le leggi funzionano in questo modo: mettono il braccialetto alla caviglia affinché gli ufficiali giudiziari possano mantenere il controllo. Però, ripeto: non perché io sia colpevole”. L’uruguaiano aveva poi aggiunto: “Sono in pace, circondato da chi mi conosce e chi mi vuole bene. Non ho mai fatto del male a nessuno. Ho due figlie e voglio che siano rispettate e curate come dovrebbero. Sono nato da una donna e non ho nient’altro da dire”.
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