“Il calcio è il regno della superficialità, dei luoghi comuni e un’etichetta non si nega a nessuno”. Nell‘intervista di Mourinho al direttore del Corriere dello Sport, Ivan Zazzaroni, il tecnico portoghese si è soffermato su diversi argomenti: dal riconoscimento di grande comunicatore ai poteri forti nel mondo del calcio, passando per l’addio alla Roma e il sogno di allenare una Nazionale.
“L’addio alla Roma è stata duro, ma da quando vinsi la prima Champions 20 anni fa sono cresciuto tanto e ogni giorno imparo qualcosa di nuovo. Dicono che sono solo un grande comunicatore, ma questo non vince tutti i titoli più importanti del calcio. La grandezza di un allenatore è nei risultati, non nella filosofia. E nell’umanità, non nell’egocentrismo. Nel coraggio, non nell’autotutela. Nell’onestà, non nel relazionale. Oggi l’allenatore è diventato progressivamente meno importante e sempre più dipendente da strutture e personaggi il più delle volte impreparati: ci sono stati cambiamenti su tutti i piani e a tutti i livelli”, ha affermato l’attuale allenatore del Fenerbahce.
Proprio sui cambiamenti futuri in materia di regolamento e strumenti arbitrali : “Sono l’ultimo che può parlare di Var e tempo effettivo. Lasciamo questi argomenti ai fenomeni del calcio, ovvero gli allenatori bravi che non sanno vincere, gli esperti dei social media e gente che ha potere decisionale, ma che sa di calcio come io di fisica dell’atomo. Di solito quando la gente parla di me pensa a cosa è successo quindici, dodici, otto o dieci anni fa. È così per la maggior parte dei grandi allenatori che di solito guidano le squadre migliori e hanno le maggiori possibilità di arrivare in finale. Negli ultimi anni ho fatto tre finali, una con il Manchester United e due con la Roma. Guardo a tutto ciò un po’ divertito, e allo stesso tempo con orgoglio perché quando fai questo con un club senza storia in Europa, ti rendi conto che hai realizzato qualcosa di speciale”.
La Conference League vinta con i giallorossi l’ha fatto entrare di diritto nella storia del club giallorosso, ma lo Special One ha ammesso che “avrei dovuto lasciare la Roma dopo Budapest: non per il casino combinato da Taylor, ma per il fatto di non essermene andato subito. Non l’ho fatto e ho sbagliato”. E su questa separazione ha svelato un aneddoto: “Acquistai quattro biglietti per andare a salutare i tifosi all’Olimpico. Ero in hotel con i miei assistenti che mi dissero: ‘Mister, meriti di salutare i tifosi e i tifosi meritano di salutare te. Andiamo’. Ci ho pensato qualche ora, poi ho temuto che mi avrebbero accusato di voler disturbare e io non faccio mai queste cose. Non ho più visto giocare la Roma, l’Inter sì”.
Per quanto riguarda il futuro, Mourinho s’immagina come Ct di una nazionale, ma non esclude un ritorno nel nostro paese: “Certo che tornerei in Italia. Voglio anche giocare un Europeo o un Mondiale. Unire un Paese intorno alla sua nazionale nello stesso modo in cui sono riuscito tante volte con i club e i tifosi. Voglio farlo per il calcio, per quello che questo sport rappresenta. Sarà incredibile”.
L'articolo Mourinho ne ha per tutti: “In questo sport decide gente che sa di calcio come io di fisica dell’atomo” proviene da Il Fatto Quotidiano.