L’argomento “divieti” è sempre fortemente divisivo. Ogni volta che si introduce una proibizione che va a favore della salute umana, i cosiddetti “liberali” si scatenano, sostenendo che la libertà privata è sacra e che se uno vuole farsi del male dovrebbe poterlo fare autonomamente in ogni condizione. Purtroppo, oltre al fatto che io credo che lo Stato dovrebbe spingere, anzi aiutare, i cittadini il più possibile ad adottare comportamenti salubri, per la loro salute e anche la loro felicità – cosa che lo Stato italiano fa pochissimo, basti guardare ai soldi spesi nella prevenzione – nel caso in questione, quello del divieto di fumo all’aperto a Milano, il punto è anche un altro: fumare in spazi pubblici, anche se esterni, fa male non solo a chi fuma ma anche a chi gli sta vicino.
Quando ormai molti anni fa il ministro Sirchia introdusse il divieto di fumo nei locali ci fu un’identica discussione, con i vari “liberali” di turno che tuonavano contro la misura. Si parlò dei costi che i locali avrebbero dovuto sostenere dividendo gli spazi in non fumatori e fumatori. Alla fine, i locali scelsero di togliere il fumo all’interno, con beneficio anche della salute di chi ci lavorava, tutti si sono abituati e oggi ci sembrerebbe assurdo fumare dentro un locale. Lo stesso è avvenuto con altre leggi, come quella del casco obbligatorio in motorino, anch’essa grottescamente contestata.
Rispetto al divieto del fumo all’aperto, il problema è ancora la percezione che ancora abbiamo degli spazi esterni e dell’aria esterna. Come qualcosa di infinito, vasto, in cui le sostanze si dissolvono immediatamente. Qualcosa di puro, appunto, insomma il luogo adatto dove fumare. Purtroppo, si tratta di una percezione totalmente sbagliata. La nostra aria è già pesantemente inquinata, carica di polveri sottili e biossido di azoto. Inoltre, la crisi climatica ne ha peggiorato notevolmente la qualità, basti pensare alla quantità di umidità. E infatti è ormai molto diffusa la sensazione di uscire di casa e non avere più la percezione di un’aria fresca e rinvigorente, tutt’altro. Sono davvero poche le giornate terse e con una qualità dell’aria elevata, come testimoniano le nostre app meteo che ormai hanno tutti i dati. Prevalgono quelle di colore arancione, a volte, come in pianura padana, oppure arancione-rosso, specie ovviamente quando fa più caldo. Aumentano, di conseguenza, tutte le malattie dell’apparato respiratorio, sia dei bambini che degli adulti, così come le allergie e tutte le patologie legate all’inquinamento. Siamo sempre più vittime di bronchiti, polmoniti, bronchioliti infantili e altre malattie respiratorie croniche gravi, per buona parte causate appunto da cattiva aria, contro cui tante associazioni si battono.
L’aria italiana non è buona, specie in alcune zone. Ed è peggiorata negli anni a causa del clima. In questo quadro, allora, minimizzare i rischi mi sembra davvero il minimo. E vietare di fumare sotto una distanza di dieci metri è una misura di salute pubblica minima essenziale. Purtroppo, manca una cultura adeguata per capirlo, sia nella nostra classe politica che giornalistica. Molti poi sosterranno che uscire a fumarsi una sigaretta è ormai l’ultimo gesto che ci è rimasto di pausa da un sistema che ci schiaccia sotto ogni forma. Potrebbe essere così, e questa misura potrebbe colpire i meno abbienti, che hanno meno strumenti e meno alternative magari alla sigaretta. Tuttavia, questa misura tutela anche e soprattutto loro e i loro bambini, vittime più vulnerabili di fumo passivo.
Si potrebbero obiettare molte cose: che è ipocrita escludere le sigarette elettroniche, che è ipocrita che una legge così venga poi da un’amministrazione che cementifica il territorio etc etc. Ma se guardiamo al mero provvedimento in sé, è sacrosanto e sinceramente andrebbe esteso in tutta Italia. Non c’è molto da discutere, a mio avviso.
Vengo alla mia esperienza, da ultimo, anche se non mi saranno risparmiate accuse di radicalscicchismo che ormai sono una sorta di refrain (un po’ stanco, a dire il vero, oltre che mal fondato). Personalmente, riesco a sentire l’odore di una sigaretta, o di un sigaro, o di una pipa, a molti metri di distanza. Mi risulta sinceramente insopportabile sedermi a un bar e capitare dietro una persona che fuma al tavolino accanto, rovinandomi una pausa che poteva essere migliore. Oppure essere affumicata in fila da qualche parte, prima di prendere un treno o un autobus. Il fumo di sigaretta è veramente fastidioso, inquinante e cancerogeno. Immesso poi in un’aria cattiva diventa letale, con buona pace dei cieli azzurri e vasti che ci rappresentiamo, rimasti ormai solo nei disegni infantili. A me non sembra difficile capirlo, in fondo basta avere un naso. Non sembra essere così, invece, ma anche chi non avverte il fastidio comunque assimila gli inquinanti. E allora ben vengano le amministrazioni che prendono coraggiosamente misure per contrastare il fumo passivo. Che tanto, tra pochi mesi, nessuno se ne accorgerà più e fumare a estrema distanza da altre persone sembrerà del tutto normale. E ovvio.
L'articolo Arriva il divieto di fumo all’aperto a Milano: sarà divisivo, ma ci vorrebbe una legge nazionale proviene da Il Fatto Quotidiano.