La giornalista Cecilia Sala è stata fermata a Teheran il 19 dicembre scorso ed è attualmente detenuta nella prigione di Evin, nella capitale dell’Iran. A diffondere la notizia è stato il ministero degli Affari esteri italiano: “Oggi l’ambasciatrice Paola Amadei ha fatto una visita consolare per veriricare le condizioni e lo stato di detenzione della cronista”. Secondo le prime ricostruzioni, Sala si trovava nel Paese con un visto giornalistico. La Farnesina ha fatto sapere che “in precedenza aveva avuto la possibilità di fare due telefonate con i parenti. In accordo con i genitori della giornalista, la Farnesina invita alla massima discrezione la stampa per agevolare una veloce e positiva risoluzione della vicenda”. Evin è lo stesso carcere dove vengono imprigionati oppositori del regime, intellettuali e studenti: qui è stata detenuta l’italiana Alessia Piperno per 45 giorni e qui è stata incarcerata la premio Nobel per la Pace Narges Mohammadi.
Le due telefonate alla madre e al compagno – Chora Media, l’azienda per cui Sala produce il podcast “Stories”, ha diffuso una nota in cui conferma la detenzione “in una cella di isolamento”: “È stata portata nella prigione di Evin, quella dove vengono tenuti i dissidenti, e il motivo del suo incomprensibile arresto non è ancora stato formalizzato. Rendiamo pubblica questa terribile notizia solo ora perché le autorità italiane e i genitori di Cecilia ci avevano chiesto di stare in silenzio, un silenzio che si sperava avrebbe potuto portare a una rapida liberazione, che purtroppo non c’è ancora stata”. Il viaggio di Sala era iniziato il 12 dicembre da Roma: “Era partita con un regolare visto giornalistico e le tutele di una giornalista in trasferta. Aveva fatto una serie di interviste e realizzato tre puntate del suo podcast. Sarebbe dovuta rientrare a Roma il 20 dicembre, ma la mattina del 19, dopo uno scambio di messaggi, il suo telefono è diventato muto. Conoscendo Cecilia, che ha sempre mandato gli audio per le puntate del podcast con estrema puntualità anche dal fronte ucraino nei momenti più difficili, ci siamo preoccupati e, insieme al suo compagno, il giornalista del Post Daniele Raineri, abbiamo allertato l’Unita di Crisi del Ministero degli Esteri. Abbiamo chiamato i suoi contatti iraniani, ma nessuno sapeva dove fosse finita. La mattina di venerdì non si è imbarcata sul volo di ritorno e la situazione si è fatta ancora più angosciante”.
Chora Media ha anche parlato di una prima telefonata fatta da Sala alla madre: “Poche ore più tardi il suo telefono si è riacceso”, continua la nota. “Cecilia ha chiamato sua madre e le ha detto che era stata arrestata, portata in carcere e che aveva avuto il permesso di fare una breve telefonata. Non ha potuto dire altro. Da quel momento è cominciata l’attività delle autorità italiane, in cui riponiamo tutta la nostra fiducia e con cui siamo in costante contatto, per capire cosa sia successo e per riportarla a casa”. Cecilia Sala, conclude la nota, “è una giornalista si trovava in Iran per fare il suo lavoro con lo scrupolo, la cura, la passione e la professionalità che tutti le riconoscono. La sua voce libera è stata silenziata e l’Italia e l’Europa non possono tollerare questo arresto arbitrario. Cecilia Sala deve essere liberata subito. #FreeCecilia”.
La seconda telefonata di Sala è stata al compagno Daniele Raineri: “Durante le telefonate, Sala ha detto di stare bene e di non essere ferita”, ricostruisce il Post. “È possibile che abbia dovuto leggere un testo scritto, perché ha usato alcune espressioni che non suonano naturali in italiano, ma sembrano più una traduzione dall’inglese. Non le è stato permesso di dare altre informazioni”. Il giornale ricorda anche i lavori che Sala aveva fatto poco prima dell’arresto: “Si trovava in Iran da una settimana. Aveva raccontato nel suo podcast storie sul patriarcato nel Paese e sulla comica iraniana Zeinab Musavi, arrestata dal regime per gli sketch di uno dei suoi personaggi. Aveva parlato anche con Hossein Kanaani, uno dei fondatori delle Guardie rivoluzionarie che per quasi mezzo secolo aveva contribuito a creare l’estesa rete di milizie filo-iraniane operanti in mezzo Medio Oriente”.
Piperno: “Tieni duro Cecilia”. Schlein: “Il governo la riporti a casa” – Alessia Piperno, la traverl blogger arrestata nel 2022 a Teheran, interpellata dall’Ansa, ha commentato: “A Cecilia Sala idealmente dico di tenere duro come ho fatto io per 45 giorni: nel carcere di Evin a noi stranieri fisicamente non torcono un capello, ma mentalmente ti provano molto. So cosa vuol dire il terrore di stare in una cella da soli. Abbraccio i suoi genitori, immagino il loro dolore che è come quello che hanno provato i miei”. Per chiedere la sua liberazione è intervenuta la segretaria del Pd Elly Schlein: “Siamo molto preoccupati per il fermo”, ha detto, “e seguiamo il caso da vicino e con grande apprensione. Chiediamo da subito al governo, con cui siamo già in contatto, di mettere in campo ogni iniziativa utile a far luce su questa vicenda, chiarezza sui motivi di questo trattenimento e, soprattutto, a riportare Cecilia Sala in Italia quanto prima”. Poco dopo è intervenuto anche Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International Italia: “Stiamo seguendo con attenzione la vicenda. Auspichiamo che Sala sia scarcerata e possa riprendere al più presto la sua attività di giornalista, come è suo diritto. Il giornalismo non è reato”.
L'articolo Iran, la giornalista Cecilia Sala arrestata a Teheran il 19 dicembre: “È in isolamento da una settimana nel carcere di Evin” proviene da Il Fatto Quotidiano.