Scritto in collaborazione con Alessio Petronelli
È notizia di queste ore la sconvolgente devastazione portata in Florida, negli Stati Uniti, a causa di un uragano, prontamente ribattezzato Milton. Milioni di persone si trovano senza elettricità, altri milioni ancora sono le cittadine ed i cittadini drammaticamente sfollati. Il Presidente Biden ha definito lo scenario attuale “la tempesta peggiore del secolo”. Ma alla luce della crescente crisi climatica, siamo sicuri rimarrà la peggiore delle tempeste?
Fenomeni atmosferici straordinari e distruttivi colpiscono ormai sempre più aree del pianeta. Parte del Mediterraneo si trova spesso ad affrontare terribili alluvioni, parte invece una siccità come mai prima d’ora. Nonostante l’arrivo dell’autunno in Sicilia l’acqua continua a essere razionata, e la pioggia un miraggio. Al contrario la Florida è sommersa da tempesta e dolore. Quello che non emerge, nel racconto di queste situazioni, è l’altra faccia della medaglia, quella più oscura e grave. Cosa accade ai gruppi sociali già normalmente marginalizzati in situazioni d’emergenza? Cosa si trova a fronteggiare chi nella propria quotidianità vive tra ingiustizie e iniquità, quando arriva una catastrofe? Penso ad esempio alle persone senza casa, a chi negli Stati Uniti finisce in bancarotta a causa delle esorbitanti spese sanitaria per tutelare la propria salute, alle persone con disabilità, a quelle donne vittime di violenza che con coraggio e determinazione iniziano una nuova vita partendo da condizioni economiche svantaggiate, e potrei citare ancora tante altre situazioni.
A Palermo, nel silenzio generale, eccetto per le denunce delle realtà e degli avamposti di lotta e speranza che sul territorio combattono per l’inclusione e la parità di diritti, è stata riservata una differenza di trattamento tra fasce diverse della popolazione, con il razionamento dell’acqua che ha colpito duramente le periferie, senza intaccare però il centro storico. È forse una colpa vivere meno vicino ai monumenti più preziosi e ai palazzi più pregiati che finiscono sui depliant turistici delle città?
Dalla Florida arrivano notizie agghiaccianti. Nonostante il Presidente Biden abbia esortato l’evacuazione della popolazione come una “questione di vita o di morte”, numerose carceri hanno comunicato che non evacueranno le persone detenute, nonostante le strutture si trovino esattamente nel raggio di devastazione dell’uragano. A quanto pare il diritto alla sicurezza e a non vedere la propria incolumità fisica minacciata varia in base alle condizioni di vita di un essere umano, al proprio rapporto con la legge e alla situazione legale in cui si trova. Dimenticando che diversi studi dimostrano come spesso la legge, negli Stati Uniti, penalizzi in maniera differente a seconda del colore della pelle: gli stessi reati vedono gradi di punizione differente in base al colore di chi li commette, e gli Stati americani incarcerano in media sei volte di più la popolazione nera rispetto a quella bianca.
Cosa ci mostrano questi fenomeni? Ci mostrano che a soffrire le conseguenze peggiori delle emergenze, compresa l’emergenza climatica, sono sempre e comunque i gruppi sociali più svantaggiati e marginalizzati. Esattamente come avviene nel caso dei migranti climatici, che in migliaia raggiungono l’Europa per sfuggire alla devastazione della crisi climatica, trovando la morte in mare o, nel caso riescano a sopravvivere al viaggio, venendo non-accolti da un sistema che non integra e non include. Finendo quindi tra i primi soggetti a soffrire l’emarginazione e il degrado, spesso sfruttati dal caporalato nei campi per produrre le nostre coltivazioni. Oppure come avviene nel caso di quelle isole che rischiano di scomparire per l’innalzamento del livello del mare, o di quei paesi vulnerabili e particolarmente colpiti nonostante abbiano contribuito in maniera assolutamente trascurabile in termini di emissioni al progredire dell’emergenza.
L’insegnamento che dobbiamo trarre da tutto questo è che la battaglia per il clima si vince partendo proprio da qui: dalle lotte delle minoranze, spesse inascoltate. Si vince partendo dalle istanze di giustizia sociale, dall’inclusione e dell’accoglienza. Si vince riconoscendo che l’emergenza climatica è un’emergenza sociale, e che solo unendo le forze in una lotta intersezionale possiamo raggiungere quella giustizia climatica e quella transizione ecologica che tanto agogniamo.
L'articolo Anche l’uragano Milton colpisce i più vulnerabili. La lotta per il clima è un’emergenza sociale proviene da Il Fatto Quotidiano.