Rinunciare ai cibi ultraprocessati per trenta giorni. È questo l’esperimento di cui Gavin Wren, quarantaseienne, content creator ed esperto di politiche alimentari, si è reso protagonista. Il content creator ha escluso per un mese tutti i prodotti con più di cinque ingredienti dalla sua dieta. Wren ha così dovuto far a meno di alcuni dei suoi prodotti alimentari preferiti, come i biscotti, il burro d’arachidi e i cereali zuccherati. I suoi pasti prevedevano, invece, per lo più pesce, uova, verdure, alcuni cibi integrali, e legumi, come i ceci. Se è vero che non esiste una dieta “perfetta”, che possa essere applicata a tutti allo stesso modo, gli esperti e i ricercatori sembrano essere concordi sul fatto che i cibi ultralavorati, ovvero tutti i prodotti confezionati destinati all’uso alimentare che hanno subito varie lavorazioni industriali, come snack confezionati, bevande gassate, cereali, pietanze pronte e da riscaldare, siano dannosi per la salute.
Ad esempio, uno studio riportato sul British Medical Journal, della durata di circa trenta anni, ha trovato un legame tra il consumo di questo tipo di pietanze e un rischio di morte aumentato. I pericoli nascosti in questi cibi derivano dal fatto che spesso contengono delle sostanze, come coloranti, emulsionanti, e aromi, che hanno un apporto calorico molto elevato, ma scarsi nutrienti. Demonizzare questi alimenti è una misura giusta o troppo drastica? Wren ha deciso di rispondere a questa domanda conducendo un esperimento sulla propria pelle, rinunciando per trenta giorni ai cibi ultraprocessati, così da poterne valutare i potenziali benefici e raccontare la sua storia. Una delle parti che l’esperto di alimentazione ha meno ha apprezzato di questa “esperienza” è stato il fatto di dover controllare l’etichetta di ogni singolo prodotto quando si recava a fare la spesa. “La pratica – ha raccontato Wren – era quasi diventata un’ossessione, senza contare che i costi erano nettamente più elevati del solito”.
Wren ha poi raccontato di aver sviluppato sensazioni di ansia quando si trovava in situazioni sociali, come aperitivi o cene, dovute alla paura di non trovare nulla da poter mangiare. “È fantastico mangiare bene ed essere sani, ma se ogni interazione sociale diventa un po’ ansiogena perché non so cosa mi verrà servito a tavola, allora non è più una buona cosa”, ha commentato Gavin. In ultima battuta il suo consiglio è quello di non preludersi di mangiare cibi ultraprocessati, ma di farlo con moderazione.
Articolo di Lucrezia Parpaglioni
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