“Ho realizzato il sogno di un bambino di un paesino minuscolo. Quante possibilità avevo di farcela? Quasi nessuna”. Da Fuentealbilla fino agli Emirati Arabi. Racchiudere in una sola parola la grandezza di Andrés Iniesta – nel giorno del suo ritiro dal calcio giocato – sarebbe riduttivo e, per certi versi, irrispettoso. Illusionista, artista, tecnicamente sublime: si potrebbe stare qui fino all’infinito (come lo è il suo numero 8 capovolto di 90°) per incensare la carriera del centrocampista più forte di sempre. Capace di mettere tutti d’accordo, anche i nemici storici dell’Espanyol e del Real Madrid che negli anni hanno riservato al numero 8 diverse standing ovation. Oltre ad aver vinto (tantissimi) trofei – 36 per l’esattezza – ed essere stato il manifesto del tiki-taka guardiolano, l’ex calciatore spagnolo è stato esempio di correttezza in campo e fragilità umana: dalle zero espulsioni in 1016 partite (Millesedici!) alla scomparsa del suo amico Dani Jarque che gli ha cambiato il modo di vedere e percepire la vita. “Ho sempre detto e continuo a pensare che quel gol (la rete del vantaggio nella finale dei Mondiali 2010 contro l’Olanda ndr) l’abbiamo segnato tutti insieme, compagni, tifosi, e Dani Jarque”.
Zero espulsioni
Oltre 60.000 minuti. 1016 partite, 0 espulsioni. Mai una parola (e un fallo) fuori posto. Non è solo fortuna: per poter registrare un record del genere ci vuole molto di più. Maturità e grandezza, prima di tutto. E senso della responsabilità. “È il talento più grande che abbia mai visto nel calcio spagnolo” e se a dirlo è Xavi, non si può fare altro che credergli.
La depressione e la dedica a Dani Jarque
“La depressione può colpire chiunque”, anche Iniesta. I primi veri problemi nascono nel 2009, dopo la morte dell’amico Dani Jarque (all’epoca difensore dell’Espanyol), al quale lo spagnolo dedicherà il gol vittoria dei Mondiali in Sudafrica, un anno dopo. Iniesta supera la soglia, “non ne può più”: il momento migliore della sua giornata è prima di andare a dormire dopo aver preso le pastiglie. Dietro ogni successo, il sacrificio e le fragilità di un giocatore che è stato capace di vincere tutto. Il peggio, ormai, è alle spalle merito anche della terapia.
L’inventore della croqueta
La sua capacità di rendere tutto dannatamente semplice, forse, è stata la sua vera forza e unicità. Che poi, è la caratteristica che appartiene ai più grandi. E poi, c’è il suo marchio di fabbrica: la croqueta. Interno sinistro, interno desto ad alta velocità per liberarsi dell’avversario. Dribbling senza cadere nell’eccesso, ma super efficace. “È stata una favola, questa mia vita”. Ed è stato lo stesso per chi ha avuto l’opportunità di vedere almeno una volta nella sua vita André Iniesta, con la palla incollata tra i piedi.
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