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Gestire gli aiuti umanitari per Gaza con l’esercito: Netanyahu apre al piano dell’estrema destra per “occupare” la Striscia

Il governo di Benjamin Netanyahu sta considerando di trasferire la responsabilità della distribuzione degli aiuti umanitari a Gaza totalmente all’esercito israeliano. La notizia circola da lunedì sui media israeliani, che riferiscono che il premier starebbe considerando, per la prima volta, quella che è una richiesta di lunga data dell’estrema destra israeliana, ma che pone numerose difficoltà sia sotto il profilo economico che su quello della sicurezza.

Come funziona la gestione delle forniture umanitarie a Gaza – Attualmente, la gestione degli aiuti umanitari destinati ai palestinesi della Striscia è affidata a un complesso, spesso farraginoso, sistema di coordinamento tra i militari israeliani, le missioni delle Nazioni unite, in particolare dall’Unrwa, e le organizzazioni umanitarie che operano sul campo, che devono relazionarsi per le loro attività con il governo civile di Gaza, controllato da Hamas dal 2007. Le Idf sorvegliano l’arrivo dei camion di aiuti fino ai varchi di frontiera con Gaza (attualmente gli unici attivi sono quelli di Kerem Shalom e Nahal Oz a est, dopo la chiusura a tempo indeterminato del valico di Rafah a sud per l’operazione militare israeliana) e il loro ingresso dentro la Striscia su alcune strade definite come “umanitarie” e fino ai magazzini gestiti.

La distribuzione degli aiuti viene gestita dal governo di Gaza con gli operatori umanitari, ma è intralciata spesso dalle attività militari e complicata dalla situazione socialmente esplosiva nella Striscia. Sono stati documentati in più occasioni dall’intelligence sia attacchi israeliani che hanno messo a rischio la vita degli operatori e dei civili durante la distribuzione di aiuti, sia abusi da parte di Hamas sugli stessi abitanti di Gaza, sia casi di furti e saccheggi, a volte condotti da gruppi informali di palestinesi armati. Le agenzie umanitarie hanno denunciato più volte che il loro personale non può operare a causa dei rischi dovuti ai bombardamenti, dell’impossibilità di accedere ad ampie aree della Striscia per via dei blocchi delle Idf e dei furti di camion e le minacce ricevute da parte di Hamas.

Il progetto di Smotrich: togliere gli aiuti ad Hamas e all’Onu – Domenica, secondo un retroscena di Yedioth Aronoth, Netanyahu avrebbe discusso l’argomento a margine di un gabinetto di guerra con i ministri di ultradestra Bezalel Smotrich e Itamar Ben-Gvir. Smotrich in particolare, che è ministro delle Finanze, sostiene da tempo che i camion umanitari di cui Israele consente l’ingresso nella Striscia siano una “risorsa per Hamas” che ne requisisce il contenuto. Secondo il ministro, ex colono della Cisgiordania, il controllo degli aiuti umanitari a Gaza è uno dei due “perni” che i miliziani islamisti hanno a disposizione per danneggiare Israele, l’altro sono gli ostaggi. Smotrich vuole diventare “ministro degli aiuti umanitari”, ha ironizzato amaramente Zvi Bar’el su Haaretz.

Dopo aver scartato l’ipotesi per mesi, a un anno dall’inizio della guerra Netanyahu avrebbe chiesto all’Idf di preparare piani operativi per prendere in carico la distribuzione delle forniture umanitarie per Gaza. Secondo Yedioth Aronoth, Netanyahu avrebbe anche pensato di nominare un generale incaricato della supervisione: il generale di brigata Elad Goren. Ma l’idea incontra l’opposizione ferma dei vertici delle forze israeliane, il capo dello Shin Bet Ronen Bar e il capo di stato maggiore delle Idf Herzl Halevi, e del ministro della Difesa Yoav Gallant, che partecipano al gabinetto di guerra e c’erano anche all’incontro di domenica.

Esercito e ministro della Difesa contrari: troppo rischioso e costoso – La prima preoccupazione è per la sicurezza dei soldati, che sarebbero esposti al rischio di attacchi da parte di Hamas. Non solo, il caso della “strage della farina di maggio ha mostrato quanto la situazione possa degenerare quando i militari delle Idf si ritrovano attorniati da una folla di civili palestinesi affamati e disperati.

Un’altra criticità è l’onere finanziario del programma, che potrebbe aumentare a causa dei costi di trasporto, stoccaggio e mantenimento. Secondo le stime della sicurezza, il costo delle forniture alimentari di base sarà di circa 5,4 miliardi di shekel all’anno, 1,4 miliardi di dollari. Inoltre, Israele dovrà spendere miliardi per attrezzature mediche, tende, combustibili e le altre forniture umanitarie previste dal diritto internazionale. Occorrerà costruire e sorvegliare magazzini e centri di distribuzione, ricostruire le infrastrutture per garantire gli spostamenti dei camion e, soprattutto, dislocare un numero consistente di soldati per assicurare la distribuzione finale degli aiuti. Secondo le stime delle Idf, la piena governance militare di Gaza costerebbe a Israele circa quasi 11 miliardi di dollari l’anno (40 miliardi di shekel). Ma il ministro delle Finanze Smotrich non si mostra impressionato da queste proiezioni economiche.

Sia le Idf che il servizio di sicurezza israeliano Shin Bet hanno chiarito di ritenere che senza un organismo internazionale riconosciuto da tutti gli attorio con la responsabilità della gestione umanitaria, Hamas continuerà ad approfittarsi degli aiuti che entrano a Gaza, ricavando ingenti somme di denaro dal racket delle derrate. I vertici dell’esercito israeliano vorrebbero trasferire la responsabilità di assicurare gli aiuti umanitari a organizzazioni internazionali o organizzazioni private attive nelle zone di conflitto. Questo includerebbe anche un accordo con l’Onu e con l’Autorità nazionale palestinese (controllata dal partito di Fatah) per la gestione amministrativa di Gaza. Quello che le Idf e lo stesso ministro Gallant hanno chiamato il “piano per il dopoguerra a Gaza”. Ma Netanyahu, spinto dalla necessità di accontentare i suoi alleati di estrema destra, si è sempre opposto al ritorno dell’Anp nella Striscia, come si è visto rispetto alle discussioni sul “corridoio di Filadelfia” al confine con l’Egitto.

Il diritto internazionale e la questione del controllo militare – Oltre alle questioni pratiche, un altro tema riguarda il diritto internazionale. Secondo le convenzioni umanitarie, infatti, ogni entità statale (o meno) che controlla un territorio ha l’obbligo di garantire assistenza umanitaria alle popolazioni che le sono assoggettate. Dal ritiro degli insediamenti nel 2005, Israele ha sempre negato di avere il controllo militare della Striscia, gettando la responsabilità della grave situazione sanitaria e nutrizionale della popolazione di Gaza sull’amministrazione civile gestita da Hamas e sulle carenze delle Nazioni Unite. A luglio, Tel Aviv ha accusato ong e Onu di non aver distribuito il contenuto del 35% dei camion umanitari autorizzati all’ingresso a Gaza. Com’è noto, inoltre, il governo di Tel Aviv ritiene che agenzie Onu come quella per i rifugiati palestinesi Unrwa siano la grancassa degli islamisti.

Tuttavia, prendere il controllo della distribuzione degli aiuti umanitari a Gaza, per le attività, secondo diverse analisi, e lo stesso esercito israeliano, implicherebbe la creazione di una sorta di governo militare israeliano sulla Striscia. Prospettiva che obbligherebbe lo Stato ebraico a rispondere totalmente di fronte alle autorità internazionali per la crisi umanitaria della Striscia, con la cronica carenza di accesso a cibo, acqua e medicinali denunciata da molte organizzazioni internazionali, peggiorando potenzialmente la posizione di Israele, che sconta già un procedimento aperto della Corte penale internazionale contro Netanyahu e Gallant.

Il piano profondo dell’estrema destra: fondare nuove colonie a Gaza – Ma neanche questa prospettiva sembra spaventare i leader della destra israeliana: l’occupazione militare della Striscia di Gaza rientra, in effetti, nei progetti di Smotrich e Ben-Gvir. Il ministro delle Finanze israeliano lo ha chiarito domenica nel suo post su Facebook dedicato dell’anniversario del massacro del 7 ottobre: “Questa guerra finirà quando a Gaza Hamas sarà scomparsa e non avrà più la possibilità di riprendersi. Quando l’Idf avrà preso il controllo completo della Striscia di Gaza, e per molto tempo. In questa situazione, e date le condizioni politiche favorevoli, sarà possibile far rinascere gli insediamenti nella Striscia e garantire una presenza ebraica stabile e permanente, una presenza sionista che, come sappiamo, è l’unica garanzia per un futuro presenza militare e sicurezza”, ha scritto Smotrich.

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