C’è molto Camelot, il luogo immaginario evocato da Jackie Kennnedy, dopo la morte del marito Jonn, il sogno infranto di un’America giovane, vitale, giusta ma anche ricca e patinata.
Cape Code, NYC, la Costa Azzurra, la Riviera italiana, Ischia invece di Capri, i luoghi vissuti oltre che dalla inimitabile first lady anche una singolare pittrice.
L’America che ci piace, quella vissuta dalla più colta, raffinata e bella first lady americana ma anche da Helen Frankenthaler, la pittrice statunitense cui Palazzo Strozzi ha dedicato una mostra, confermando la vocazione internazionale della Fondazione, che ha aperto una sede anche a New York. Proveniente dalla upper class statunitense, di origine austriaca i genitori, rappresenta quell’America illuminata che oggi non vediamo. Le sue opere sono tra il tradizionale e lo sperimentale, grandi dimensioni, tecniche miste ed originali, di qui il titolo della Mostra “Dipingere senza regole” a Palazzo Strozzi visitabile sino al 26/1/2025.
La Frankenthaler (1928-2011) ebbe un ruolo fondamentale nella pittura e nella cultura americana attraverso un suo stile inconfondibile, il Color Field painting, confrontandosi, assimilando e scontrandosi con gli altri grandi del suo tempo, unica donna in un giro ristretto di star maschili della pittura. Questo approccio ha permesso di esplorare nuove relazioni tra colore, spazio e forma, espandendo le possibilità della pittura astratta in modo unico che hanno fatto scuola.
Helen Frankenthaler ha infranto le convenzioni dell’arte tradizionale, inventandosi un suo mondo artistico fatto di astrazione poetica, tecnica e immaginazione onirica. Sperimentare e stupire era il suo credo, aprendo così nuove strade nella pittura, portando un contributo rivoluzionario che ancora oggi ispira la scena artistica.
La mostra si sviluppa per tutte le belle sale rinascimentali di Palazzo Strozzi, che è la la storia stessa del Rinascimento, la filologica curatela è di Douglas Dreishpoon che è anche Presidente della Fondazione Frankenthaler, meno indovinato l’allestimento che nasconde in parte con paraventi/pannelli espositivi la bella architettura.
A prescindere dall’indubbio valore della pittrice, c’è anche una intelligente operazione di marketing nel rendere omaggio allo star system newyorkese, fruitore abbiente del nostro paese, ma la storia stessa di Firenze, come ricordava sempre Zeffirelli – poco lontano c’è la Fondazione a lui dedicata – è l’intreccio di affari ed arte: la Curatrice principale della Fondazione, Ludovica Sebregondi, l’ha narrato nel libro/catalogo Denaro e Bellezza.
Il palazzo lo si deve infatti ad un ricco mercante che commissionò il progetto a Benedetto da Maiano e poi a Simone del Pollaiolo, detto il Cronaca. Diverse le traversie, legate sempre ai soldi, tant’è che, pochi se ne accorgono, il cornicione sul lato di via Tornabuoni non fu completato e nonostante i restauri successivi, dopo la cessione degli Strozzi, proprietari sino al 1937, ad INA Assicurazioni e poi alla Stato, per rispetto e testimonianza della travagliata vicenda umana, fu lasciato così.
Del resto mai come qui, nomen omen, il simbolo degli Strozzi sono le tre lune crescenti che ricordano la strozza cioè i pendagli del giogo e passano attorno alla gola dei buoi, di qui probabilmente il termine strozzo e strozzino: colui che presta denaro ad interessi elevatissimi.
Fu soprattutto l’attività bancaria di altissima importanza che permise alla famiglia di costruire una solida base economica dalla quale poi derivarono gli incarichi e gli onori, i titoli nobiliari e il mecenatismo. Il Banco Strozzi, tra i principale della città, già dal primo Quattrocento, prestava denaro a papi e re e aveva filiali in tutta Europa: Francia, Spagna, Fiandre.
Gli Strozzi, sino alla fine del Quattocento, erano di gran lunga la famiglia più ricca di Firenze, esiste il registro di una tassazione chiamata “prestanza”, un prestito forzoso richiesto a tutte le famiglie della città. Così come ricordava sempre Zeffirelli, in questo legame compiaciuto che ha Firenze tra denaro ed arte, tra mecenatismo e profitto, la Fondazione Strozzi con le sue interessanti mostre finanziate anche da case di moda fiorentine e da banche, come Intesa San Paolo, si muove con eleganza tra economia e bellezza.
L'articolo Lo stile inconfondibile di Helen Frankenthaler a Palazzo Strozzi. Quell’America illuminata che oggi non vediamo proviene da Il Fatto Quotidiano.