“Ci sono donne cui dobbiamo tutto per via di un’intuizione, un colpo di genio che sembra impulso e invece è il risultato di una fermezza e di una costruzione interiore che vengono da lontano e portano ancora più lontano: donne cui siamo tutte debitrici, noi altre donne per prime, ma come capofila di tutti. Angela Bottari è stata tra queste”. Con queste parole la scrittrice Nadia Terranova ricorda l’ex deputata del Pci, morta settantottenne il 14 novembre 2023, nel volume “Angela Bottari. Storia di una donna libera” (Castelvecchi Editore). Il libro, uscito a fine agosto, è stato curato dall’ex parlamentare Pietro Folena e dal giornalista de Linkiesta Francesco Lepore.
A ricostruire il suo percorso politico e non solo, sono trentaquattro contributi di chi l’ha conosciuta e ne ha condiviso le battaglie: Viola Ardone, Gioacchino Silvestro, Romana Bianchi, Nadia Terranova, Livia Turco, Elly Schlein, Giuseppe Provenzano, Adriana Laudani, Martina Castigliani, Anthony Barbagallo, Zaira Belfiore, Mario Bolognari, Pina Bonanno, Franca Bottari, Maria Letizia Resta, Giancarla Codrignani, Carmen Currò, Maria Pia Garavaglia, Laura Giuffrida, Erika La Fauci, Cleo Li Calzi, Giovanna Marano, Alessandra Nucifora, Giusy Torrisi, Paolo Patanè, Filippo Panarello, Antonella Rizza, Antonella Russo, Antonio Saitta, Ersilia Salvato, Ivan Scalfarotto, Gaetano Silvestri, Vittorio Silvestro, Maria Flavia Timbro, Antonello Cracolici. La prefazione è della capogruppo dem Chiara Braga.
A mezza via tra la biografia, il saggio e la storia orale, l’opera ricostruisce il percorso umano, civile e politico dell’ex deputata del Pci: le sue storiche battaglie per l’abrogazione del delitto d’onore e del matrimonio riparatore, la prevenzione e il contrasto della violenza di genere, la tutela delle persone trans come anche la lotta alle mafie e all’installazione della base missilistica di Comiso. Numerosi gli scritti della stessa Bottari. Di seguito pubblichiamo l’articolo che scrisse per la Fondazione Iotti, il 18 aprile 2020.
I MIEI INCONTRI CON NILDE IOTTI
Ho parlato per la prima volta con Nilde Iotti nel 1973, in occasione di una Festa meridionale de L’Unità a Messina. Concludeva un Convegno su Donne e Mezzogiorno al quale partecipavamo tutte le dirigenti meridionali del PCI. In gran parte giovani donne, le responsabili femminili, che da poco tempo ci cimentavamo in un compito di direzione politica. La Iotti al pranzo ufficiale preferì una colazione informale con le compagne per una “chiacchierata”, si fa per dire, tra donne. Non me l’aspettavo… Rimasi colpita! Naturalmente il referendum sul divorzio fu ospite privilegiato alla nostra tavola. Ma questa è un’altra storia!
Ho rivisto Nilde Iotti nel 1976, ero stata eletta alla Camera dei deputati, insieme a tante altre, giovani e meno giovani, compagne.
Devo subito confessare che il mio rapporto con la Iotti non è stato per niente facile, ma forse anche per questo molto intrigante e vissuto, da parte mia, in modo intenso, quasi in una dimensione di gioco sottile, al quale lei ironicamente non si sottraeva. Mi sentivo da lei sempre osservata, quasi studiata, era per me come essere sempre sotto esami. Lei così regale, austera, imponente, consapevolmente severa, istituzionale; io informale, trasgressiva, volutamente eccentrica, apparentemente insofferente alle regole. Mi rimproverava ironicamente per i jeans, per la gonna a fiorellini e lo scialletto di matrice femminista, per le scarpe da suora, talvolta zoccoli (avevo un problema ai piedi!), per i capelli. Ma soprattutto mi riprendeva per la radicalità con la quale affrontavo i problemi. Più lei mi faceva osservazioni, più io persistevo nei miei atteggiamenti: in verità la sua attenzione mi gratificava, subivo il fascino dei suoi rimproveri!
La critica di Nilde Iotti nei miei confronti toccò l’apice quando in Aula mi dimisi da relatrice, per impedire che la proposta di legge contro la violenza sessuale venisse stravolta dall’emendamento del democristiano Carlo Casini. Tale emendamento, approvato per pochissimi voti, impediva che la violenza sessuale venisse considerata un delitto contro la persona, vanificando così lunghi anni di battaglie delle donne e dei movimenti. Supportata da numerose compagne deputate, dal consenso di tante donne nel Paese, nonché da quella parte di opinione pubblica più avanzata, fatta anche da uomini, da competenze, e da operatori e operatrici del diritto, mi convinsi sempre di più di aver fatto bene. Non colsi, in quel momento che la presidente della Camera dei deputati difendeva il ruolo e la libertà del Parlamento affermando che il voto dell’Aula deve essere rispettato, anche se non condiviso dal singolo parlamentare o da un gruppo, a maggior ragione da chi è sta designata relatrice. Fui molto amareggiata, tanto più per il fatto che la critica proveniva da una donna-simbolo che ammiravo e che rappresentava la più alta carica istituzionale mai rivestita da una donna. Ma la Iotti riuscì a stupirmi ancora una volta… All’imponente manifestazione di protesta delle donne, che fece seguito a quel voto, arrivò la sua lettera di sostegno. Aveva difeso le prerogative del Parlamento, ma con la stessa convinzione difendeva anche le ragioni delle donne. Questa era Nilde Iotti!
Nel corso della mia vita ho molto riflettuto su tutta la vicenda che ha accompagnato negli anni l’iter travagliato della legge contro la violenza sessuale. Mi sono ripensata ed interrogata senza una risposta certa. Mi sono chiesta nel corso degli anni se la mia posizione politica netta, condivisa con altre compagne deputate, e la stanchezza nel continuare a tessere alleanze che si erano rivelate inutili, non abbia in qualche modo influito nel ritardare l’approvazione della legge. Nello stesso tempo mi sono detta, però, che quelle dimissioni, a torto o a ragione criticate, hanno contribuito a far si che la legge contro la violenza sessuale, approvata nel 1996, contenesse alcuni dei punti qualificanti per i quali le donne si erano battute per lunghi 20 anni. Una storia questa tutta ancora da scrivere collettivamente.
È un fatto, però, che da Nilde Iotti ho imparato molto. Innanzi tutto, la pazienza nell’argomentare le proprie ragioni, la capacità all’ascolto, il rispetto per le opinioni altrui e insieme il non venire meno mai ai propri principi e alle proprie convinzioni profonde. Principalmente ho imparato il valore del saper resistere. Lei, attraverso la sua vita personale e politica, ne era un esempio concreto! Sì, non sempre siamo state d’accordo. Generazioni diverse, contesti politici e sociali diversi, l’esplosione del femminismo in forme inconsuete per la politica praticata dai partiti, anche dal PCI, l’affermazione della differenza di genere: tutto ciò non poteva non generare conflitti. Ma senza Nilde Iotti, e per altro verso senza Adriana Seroni, Giglia Tedesco e tante altre non ci sarebbero state le Livie Turco, le Lalle Trupia, le Romane, le Carle, le Ersilie, le Maure le tante io di ieri e di oggi. Grazie Nilde Iotti! Grazie Presidente!
L'articolo “Nilde Iotti mi riprendeva per la mia radicalità. Ma da lei ho imparato a resistere”. Gli scritti di Angela Bottari nel libro dedicato alle sue battaglie per i diritti (e non solo) proviene da Il Fatto Quotidiano.