A quasi 80 anni dall’entrata in vigore della Costituzione, nata dalla resistenza al nazifascismo, una domanda, tra le tante, sorge spontanea: l’Italia è davvero una democrazia? Molti indizi inducono a ritenere che la nostra sia una democrazia apparente, più formale che sostanziale. Elenchiamo alcuni di questi indizi e vediamo se possono costituire una prova della grave carenza di effettiva democrazia nel nostro Paese.
Si può definire democratico un Paese in cui la maggioranza dei diritti più importanti su cui si fonda la Costituzione non sono affatto garantiti a tutte e tutti? Li elenco solo, per ragioni di spazio: diritto al lavoro, doveri di solidarietà e diritto all’inclusione, uguaglianza giuridica e sostanziale, giustizia sociale, economica ed ambientale, unità nazionale senza discriminazioni territoriali, promozione e tutela della cultura, della ricerca, del paesaggio e dell’ambiente, ripudio della guerra, diritto alla salute, alla casa, all’istruzione pubblica, tutela dei beni comuni, prevalenza del pubblico rispetto al privato, questione morale come dovere inderogabile per chi svolge funzioni pubbliche. I diritti o vengono garantiti a tutte le persone che abitano la nostra nazione oppure sono privilegi o peggio ancora concessioni del potere.
Si può definire democrazia un Paese in cui non si ha la voglia, la capacità e il coraggio di ottenere verità e giustizia su stragi, misfatti e assassini che hanno condizionato e mutato addirittura la storia della nostra Repubblica? Lo sbarco degli americani in Sicilia, la strage di Portella della Ginestra, l’omicidio Mattei, la strage di Piazza Fontana, Gladio, Golpe Borghese e Rosa dei Venti, l’omicidio dei cinque anarchici del sud e la strage di Gioia Tauro, le stragi di Piazza della Loggia a Brescia, Italicus e rapido 904, sequestro e uccisione di Aldo Moro, omicidio Pecorelli, strage di Bologna, stragi di Capaci e di via D’Amelio, le bombe del 1993, centinaia di attentati ed omicidi dalla fine degli anni 60 alla metà degli anni 90. Per poi giungere alla presa del potere con la mimetizzazione delle mafie nel cuore dello Stato, la realizzazione di un sistema criminale fondato sulla corruzione e la reductio ad unum tra mafia e Stato con il consolidamento della criminalità istituzionale.
Non è che invece di una repubblica democratica fondata sul lavoro siamo una repubblica democratica apparente fondata su un governo occulto con un ruolo decisivo della massoneria deviata, delle mafie, dei servizi e degli apparati dello stato infetti, dei neofascisti e di entità straniere nemmeno tanto difficile da codificare? È democratico un Paese che distrugge fisicamente o professionalmente servitori della Repubblica che in maniera ostinata e contraria cercano verità e giustizia i quali o sono stati uccisi fisicamente oppure vengono uccisi professionalmente con i proiettili istituzionali?
Si può definire democratico un Paese in cui gli onesti passano per sovversivi, socialmente pericolosi, ribelli, pazzi e i disonesti diventano la normalità e sono, oggi, Stato, legge ed ordine costituito? Si può dire che la sovranità della nostra democrazia appartiene davvero al popolo come è scolpito nell’articolo 1 della Costituzione? Non mi pare proprio, se quando andiamo a votare siamo costretti a farlo con leggi manifestamente incostituzionali e quando esprimiamo la nostra volontà con i referendum, come per l’acqua pubblica, il potere costituito formale sovverte e attenta alla volontà popolare.
È ragionevole pensare allora che gli eversori sono spesso al potere ed agiscono nella legalità formale e i sovversivi sono spesso solo ubbidienti assetati di giustizia che si ostinano a pensare che la Costituzione non sia una reliquia ma il battito cardiaco della democrazia.
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