Una vita di sesso, soldi e successo. Lo aveva chiesto in cambio al Diavolo dopo una vita piena di dolore, dallo stupro ricevuto alle botte prese dal padre. Ma poi, Giuseppe Perricone, 53enne titolare di due bistrot a Milano, ha venduto l’anima a Dio, lasciandosi alle spalle i peccati commessi.
La sua storia, raccontata al Corriere della Sera, comincia dal quasi aborto della madre: “Ebbe una perdita importante. Il sangue intrise il materasso fino a gocciolare sul pavimento. Secondo i medici, saremmo morti entrambi. Invece mi girai nell’utero in modo da fermare l’emorragia con la mia testa”. Un legame con il sangue che sarebbe continuato anche durante l’infanzia, trascorsa in Belgio fino ai 12 anni, perché il padre, che aveva perso il lavoro, era diventato manesco. “Schiaffi, pugni in faccia, calci nella pancia. Mi ruppe il setto nasale. Mi scaraventò giù dalle scale, ruzzolai per 12 gradini. Persi i sensi due volte. Conoscevo solo il sapore del sangue”, ha detto Perricone. Ma il motivo, no, non lo ha mai saputo, “né ho voluto chiederlo, per non farlo soffrire. Non mi accettava. Mi vedeva come un peso”.
Ma la connessione con Dio non arrivava, le richieste di aiuto di Perricone ignorate, e anche blasfeme: “Lo imploravo: portami con te o fa’ morire mio padre – racconta il siciliano -. Continuavo a chiedere a Dio: ma se tu esisti, come mai a me capita tutto questo? Mio padre teneva nel comodino un coltello. Due volte lo afferrai, stavo per pugnalarlo, ma entrambe le volte la voce di Dio mi fermò. Udii: “‘Non farlo!'”. E come se non bastasse la tragedia casalinga, anche la scuola era diventata un inferno: “A Bruxelles fui violentato, a 8 anni, da una ragazzina marocchina di 7 anni più grande. Mi chiuse in bagno e osò un rapporto orale. Ero terrorizzato. Quello stupro ha segnato la mia vita”.
Un inferno, dunque, vero e proprio, un dolore tale che quell’inferno se l’è portato dentro, fino a vendersi al Diavolo, come Faust fa con Mefistofele. “Avevo quasi 30 anni. Frequentavo cartomanti, indovini che sono ispirati dai demoni. Ero entrato a far parte del mondo della notte. Conobbi Sergio Flavio, inventore del cocktail Kir Royal. Divenne il mio maestro, diventai barman. Sniffavo da 2 a 4 grammi di cocaina al giorno. Mi misi con la donna del braccio destro di un boss mafioso, che mandò otto killer per uccidermi davanti all’Ora delle streghe, il pub dove lavoravo.
Ma uno dei sicari mi riconobbe e convinse gli altri a desistere. La sposai nel 1993. Nacque un figlio, che oggi ha 26 anni e lavora con me. Il matrimonio finì nel 2000 e 13 anni dopo mi risposai. Ero tormentato dal rimorso, svenivo sul lavoro. Il neurologo m’imbottì di psicofarmaci e mi consigliò: ‘Deve andarsene da Palermo’”. Da lì, l’esodo in Inghilterra, a Bolton, e il coma etilico di 12 ore. Ma, soprattutto, il tentativo di suicidio: “Legai una corda al corrimano del soppalco, feci un nodo scorsoio e me lo misi al collo. Salii su una sedia e le diedi un calcio per lasciarmi penzolare nel vuoto. Invece la fune si spezzò”.
Così, l’ultimo, disperato, tentativo, fu invocare il nome del diavolo: “Prendi la mia anima e in cambio dammi per 10 anni soldi, successo e piacere. E lui rispose: ‘Tu porterai distruzione nelle famiglie, ti darò gli spiriti di seduzione per farlo'”. Cominciò una nuova vita per Perricone: “Aprii due ristoranti di successo. Appena misi piede nel casinò di Manchester vinsi 700 sterline alla roulette. E poi le donne, tante, un’infinità. Ne cambiavo quattro a settimana e ne avevo almeno tre fisse ogni mese. Erano tutte fidanzate o sposate; single non le volevo. Ho distrutto tante famiglie”.
Ma il 30 gennaio 2006 successe qualcosa di strano, una vocazione diversa, inaspettata. Che non arrivava dagli inferi, ma dal regno dei cieli. Proprio in Olanda, “il luna park del sesso e della droga. Stavo per acquistare del crack da uno spacciatore di Napoli. Sentii la voce di Dio: ‘Lo so che non ti ami. Io so che distruggi coloro che si amano. Io so che non credi nell’amore. Ma io ti amo così come sei’. Un calore m’invase. Ero libero da Satana”. Un segno da Dio. Un qualcosa che non si può spiegare: “Il miracolato non si spiega quanto gli è accaduto”, dice Perricone. E nella salvezza c’è anche lo zampino della sua seconda moglie, Tiziana. “Se mi sono salvato è anche grazie a lei”. Una nuova vita, dunque, fatta di volontariato, devozione e aiuto al prossimo. Ma anche di perdono. Come ogni buon cristiano: “Oggi amo mio padre. Lui ha perdonato me, io ho perdonato lui. Ha 80 anni. Provo tenerezza per la sua fragilità”. E a Satana ha chiuso ogni porta: “Mi ringhiava che non ero degno di stare con Dio. Ma si sbagliava: io sono dell’Onnipotente“.
L'articolo “Ho venduto l’anima al diavolo in cambio di sesso, soldi e potere. Ma il Signore mi ha salvato mentre ero con uno spacciatore”: la svolta di Giuseppe Perricone proviene da Il Fatto Quotidiano.