La terza Olimpiade dei record, si spera. L’ultima di Malagò, in teoria. Ancora non sappiamo come andranno i Giochi di Parigi 2024 per l’Italia, se saranno ricchi di medaglie e soddisfazioni come indicano le previsioni, o finiranno per deludere le aspettative altissime. Politicamente però rappresentano l’atto d’addio per il n. 1 dello sport italiano, che al termine della manifestazione dovrà lasciare il Coni, non potendo più ricandidarsi alle prossime elezioni previste nella primavera del 2025. L’unica certezza di questi Giochi, e forse nemmeno quella. La questione è nota. La famosa legge Lotti nel 2018 istituì un limite di mandati per le cariche sportive, con l’intento neanche troppo velato di regalare a Malagò un terzo quadriennio alla guida del Comitato olimpico (in precedenza il massimo era due), che infatti è stato così rieletto nel 2021. Il tempo però è passato e quel favore oggi si è trasformato in un boomerang.
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Anche perché nel mentre i suoi colleghi presidenti federali, complice una sentenza benevola della Corte Costituzionale, sono riusciti a farsi cancellare il limite dal Parlamento, ma solo per le Federazioni, non per il Coni (che è ente pubblico). Dunque, Malagò ad oggi è l’unico rimasto giù dal carro, costretto a farsi da parte data la normativa attuale. Negli ultimi mesi ha provato più volte ad ottenere una deroga, aggrappandosi alla disparità di trattamento, o al pretesto dei Giochi di Milano-Cortina che si svolgeranno nel 2026, ma nulla. Soltanto il Pd si è mostrato sensibile alla sua istanza, che non è stata nemmeno presa in considerazione in parlamento. Il ministro Abodi è stato più volte categorico a riguardo.
Discorso chiuso, dunque. Più o meno. Solo in apparenza. Perché nonostante la legge sia chiara e le dichiarazioni che arrivano dal governo altrettanto nette, la partita sembra tutt’altro che chiusa. Almeno non la considera tale il diretto interessato, che in privato e persino in pubblico continua a ostentare fiducia, insinuare il dubbio, lasciare aperto uno spiraglio su qualcosa che dovrebbe succedere a livello normativo (una norma simile a quella che è intervenuta per le Federazioni, oppure una semplice proroga?) per permettergli di rimanere alla presidenza del Coni. E qui si inseriscono le Olimpiadi. Perché i Giochi di Parigi, oltre che il saluto dalla scena, possono diventare a questo punto anche l’ultima carta, un po’ disperata, da giocarsi.
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Immaginiamo una spedizione trionfale, che conquisti davvero le 46 medaglie che ci accreditano i pronostici, che magari eguagli o addirittura superi il record dei 14 ori di Los Angeles 1984. Un bagno di gloria e tripudio italico, parate istituzionali ovunque. A quel punto Malagò potrebbe presentarsi davanti alla politica e soprattutto all’opinione pubblica come l’artefice del trionfo, la guida di un movimento vincente, il vertice di un sistema che funziona. E che non c’è bisogno di cambiare. Per quanto normale, l’avvicendamento diventerebbe più difficile da giustificare, tanto più a pochi mesi dai Giochi di Milano-Cortina, di cui Malagò è pure presidente della Fondazione (dovrebbe lasciare anche quella?). Più facile chiedere la riconferma, con un bel po’ di medaglie al collo. A Parigi Malagò tiferà come sempre per l’Italia, forse un poco anche per se stesso.
L'articolo Gli ultimi Giochi di Malagò? La legge parla chiaro, ma il presidente del Coni spera nell’exploit a Parigi per restare in sella proviene da Il Fatto Quotidiano.