Se pensate che il ruggito del leone sia come nella sigla della Metro-Goldwyn-Mayer dovreste ascoltare un podcast sull'Africa, di quelli seri: come La nostra Africa, che Vincenzo Venuto e Pietro Luraschi hanno realizzato per Storielibere. Vincenzo Venuto è biologo e divulgatore televisivo. Pietro Luraschi è una guida di terzo livello, il più alto: insegna ai ranger come sopravvivere nel bush.  Entrambi hanno capito cosa volevano dalla vita nel parco del Tarangire, in Tanzania: il primo era lì per studiare i pappagalli dal ventre arancio, il secondo come volontario per una ricerca sui felini.  Le loro storie si intrecciano come succederebbe in una serata tra amici, ricordando “quella volta che”: così si impara che il ruggito è un suono sordo, potente, che si sente fino a otto chilometri di distanza nelle piane aperte. E che per i Masai è normale inseguire leoni e leopardi quando uccidono troppe mucche e capre: sanno gestire le perdite, animali e umane, e ne portano tranquillamente le cicatrici.

La nostra Africa, di Vincenzo Venuto con Pietro Luraschi, Storielibere

La nostra Africa, di Vincenzo Venuto con Pietro Luraschi, Storielibere

Ogni puntata ha un elemento conduttore: aria, acqua, terra, fuoco, sangue e luce. Il bello della conversazione tra Luraschi e Venuto è che fluisce da esperienze simili ma mai uguali. Chiunque arrivi in Africa incontrerà probabilmente un elefante, ma il bracconaggio può avere effetti imprevedibili sugli animali: il giorno in cui Luraschi si è trovato davanti un elefante reso pazzo dal terrore per l'uomo, ha dovuto scegliere tra l'essere preda o cacciatore, e ancora ne soffre. La nostra Africa fa venire voglia di rileggere Karen Blixen quando scriveva della sua fattoria ai piedi degli altipiani del Ngong, ma intanto aggiunge particolari noti soprattutto a chi ci vive: quando la savana odora di pop corn al burro, è perché un leopardo ha segnato il territorio. Se sperate di vedere un avvoltoio in volo dovete aspettare le ore più calde, quando si generano le correnti che lo sollevano: è pesante, perciò ha bisogno di una spinta. Il fumo che rende irrespirabile l'aria all'interno delle capanne è insopportabile, ma ha un vantaggio: quello di tenere lontani gli insetti. La scelta di dedicare una puntata al sangue ha senso: in Africa è visibile ovunque, come la vita e la morte. È nutrimento: i Masai bevono quello delle mucche. È pericolo: veicola malattie come l'ebola (a proposito: sono gli umani a rendere fragile la salute dei gorilla, non viceversa). È un segno del destino: in Africa, quando perdi una moglie o un figlio, sai che era già deciso dal fato. Non soffri di meno, ma lo accetti di più. 

Congo, una storia sbagliata, di Paolo Colombo, Il Sole24Ore

Congo, una storia sbagliata, di Paolo Colombo, Il Sole24Ore

Paolo Colombo, docente di Storia delle istituzioni politiche all'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, fa history telling: usa qualunque mezzo a sua disposizione per mettere in connessione il passato con le generazioni più giovani (ma non solo). Insomma: è bravissimo a raccontare la storia. Lo fa a teatro con il format Storiaenarrazione, e lo fa anche con i podcast. In questo caso la serie da mettere in lista per l'ascolto è Congo, una storia sbagliata, podcast sull'Africa realizzato per Sole24Ore (ascoltabile anche sulle piattaforme free). Colombo non parte mai dall'approccio più ovvio: in questo caso prende l'abbrivio dal telefonino più venduto della prima era dei cellulari, il Nokia. Senza alluminio, cobalto, ferro, piombo, manganese e nichel non potremmo telefonare: secondo le stime, dalle miniere delle Repubblica Democratica del Congo dipende gran parte della tecnologia mondiale. Con simili premesse, dovrebbe essere uno degli Stati più ricchi del pianeta. E invece è un Paese dilaniato, teatro di conflitti (la prima guerra panafricana segue, per numero di vittime, la prima guerra mondiale), rimasto per 30 anni nelle mani dello stesso dittatore, Mobutu. È dove l'anno scorso è stato ucciso l’ambasciatore italiano, Luca Attanasio. Ma il Congo è anche la scena di una storia più grande, un groviglio di genti e di eventi che Colombo districa con maestria: potreste collegare David Livingstone a Ernesto Che Guevara (che durante la sua permanenza usava un cappello Borsalino per rendersi irriconoscibile), alla Black Revolution, a Muhammed Alì e all'incontro di boxe più famoso di sempre, The Rumble in The Jungle, del 1974? Se volete un assaggio di come procede Colombo, seguite il video del suo intervento al Teatro Carcano, a Milano, su Cosa vi serve da queste vite? Il Congo: lo sfruttamento del continente nero

Tell me Mama, di Igiaba Scego e Esther Elisha, Storytel

Tell me Mama, di Igiaba Scego e Esther Elisha, Storytel

Tell Me Mama è un podcast a due voci: della scrittrice Igiaba Scego, italo-somala, e dell'attrice Esther Elisha, italo-beninese. Scego ha curato con Chiara Piaggio l’antologia Africana. Raccontare il Continente al di là degli stereotipi. Elisha è su Netflix con Guida astrologica per cuori infranti. Insieme bevono tisane e discutono su cosa significhi essere donne afrodiscendenti e di come decolonizzare lo sguardo del bianco verso un continente, l'Africa, fatto di 54 Stati e millemila realtà diverse. Parlano di Michaela Coel (I May Destroy You , la sua serie, vincitrice di Emmy e del BAFTA, è finalmente in Italia su Sky e NOW), di Chimamanda Ngozi Adichie, sul cui nome si scommetteva per il Nobel per la Letteratura, e dell'artista Kara Walker, ma anche di Evelyne Sarah Afaawua, che ha fondato il Natural Hair Movement in Italia e che oggi, dal Ghana, contribuisce a rendere più umana la burocrazia tra i due Paesi. Il tentativo di uscire dallo stereotipo è evidente. Sedici anni fa lo scrittore kenyano Binyavanga Wainaina mandava a Granta i suoi “consigli” su Come scrivere di Africa: «Nel titolo, usate sempre le parole “Africa”, “nero”, “safari”. Nel sottotitolo, inserite termini come “grande”, “cielo”, “ombra”, “tamburi”, “sole” o “antico passato”. Altre parole utili sono “guerriglia”, “senza tempo”, “primordiale” e “tribale”». Sinceramente, quanto ci siamo allontanati da quella visione?

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