Quando Battiato, a inizio anni ‘80, cantava di “spettacoli con fumi e raggi laser”, certo non poteva immaginare tutto quello che si è visto ieri sera nell’unico concerto italiano degli Swedish House Mafia: un’esplosione di luci e pirotecnia da lasciare letteralmente percossi e attoniti. Se il termine “concerto” a qualcuno potrà ancora sembrare poco appropriato per un trio di DJ - questo fanno di mestiere Axwell, Steve Angello e Sebastian Ingrosso - il loro show al Forum di Assago ne aveva tutto l’aspetto.

Sono passati secoli da quando la parola dj richiamava l'avvicinarsi alla consolle e chiedere proprio quel pezzo lì, di tizio/caio, quello che si voleva disperatamente ballare. Quello di ieri ad Assago è stato lo show dei Rolling Stones della EDM (electronic dance music). Con big come i ritrovati Swedish House Mafia questa “vicinanza” èimpensabile. La venue che li ha ospitati fa impallidire qualsiasi club - ha una capienza di oltre 12mila persone - e per avvicinare i tre serve avere al collo un VIP pass.\

foto di Luca Andrea Ricci

Swedish House Mafia

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Luca Andrea Ricci

Musica dalla pancia agli occhi

Assistere a questo genere di spettacolo, quello delle dj star, oggi non è più una stranezza, ma quando Axwell, Steve e Sebastian hanno cominciato, all’incirca nel 2010 - al di là dei rave party, completamente autogestiti, che si svolgevano perlopiù all’aperto o dei festival come il Tomorrowland - esisteva poco o nulla del genere. Gli Swedish House Mafia sono stati tra i pionieri della trasformazione: «Non ne eravamo consapevoli», spiega Axwell, «Quando sei nella bolla o nell’onda, non sei in grado di osservare lucidamente da fuori. Noi stavamo solo facendo le nostre cose in maniera molto naturale. Quello che è accaduto, l’abbiamo visto dopo che era già successo». «Certo, avevamo grandissime ambizioni e sogni altrettanto imponenti», dice Steve Angello, «Ci siamo fatti il culo, lavorando molto duramente».

Tornando ai fumi e ai raggi laser, l’impianto visivo del loro Paradise Again World Tour dà la misura del suddetto cambiamento: una pista in cui ballare ammassati, spesso a occhi chiusi, per immergersi nell’atmosfera e sentire la musica, non è sufficiente e non si confà a questo tipo di performance. Si tratta ormai di uno spettacolo da gustare anche seduti al proprio posto, con una birra in mano, facendo video con lo smartphone. Al centro prima c’era il suono, contavano le canzoni e il DJ era soltanto il mezzo per godere del piacere catartico del ballo. Col passare del tempo invece quelli che stanno sulla pedana, pardon, sul palco sono diventati il fulcro di tutto e guardare è diventato fondamentale quanto sentire i bassi nella pancia, forse persino di più.

«Il piacere per gli occhi è importantissimo», sottolinea Ingrosso, «Abbiamo sempre avuto il desiderio di distinguerci. Nell'elettronica non sono tante le persone che si assumono il rischio di fare un passo oltre. Puntare a gratificare maggiormente lo sguardo, oltre a darci la sensazione di fare qualcosa di diverso, ci ha permesso di compiacere innanzitutto noi stessi. Non pensiamo all’effetto che farà sul palco, ci sediamo insieme ai nostri creativi e a chi ci sta attorno e quello che nasce è molto spontaneo». 
«Credo si tratti di qualcosa che per noi è più importante che per altri artisti», aggiunge Angello.
«Sì, abbiamo una visione ben precisa», precisa Axwell, «quando suoniamo una canzone, vogliamo che a certi impulsi corrispondano istantaneamente determinate reazioni. Quello che vediamo deve allinearsi con ciò che ascoltiamo».

La presenza di una forte componente visiva è senza dubbio tra gli aspetti che rendono questo genere di performance degli show a tutti gli effetti. Le sensazioni, come racconta il trio, sono più simili a quelle di un gigantesco rave, ma hanno cercato di conservare l’intimità del club: «Quando stavamo pianificando di andare in tour, il pensiero era sentirci vicini al pubblico, ma poter suonare per più di 200 persone».

foto di Luca Andrea Ricci

Swedish House Mafia

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Luca Andrea Ricci

Ieri sera di persone al Forum ce n’erano svariate migliaia, tra cui anche molti DJ. L’età media non superava i 30 anni. «Ascoltiamo gli Swedish House Mafia dal 2009 e sono il motivo per cui abbiamo iniziato a suonare. Quando si sono sciolti, anni fa, eravamo disperati», raccontano Hemel e Twolate, che sono venuti apposta da Roma per assistere allo show, «Qui da noi purtroppo non esiste niente di simile, manca la cultura della musica in generale e i DJ italiani fanno fatica a uscire dal nostro paese. Non si investe nei sistemi e nelle tecnologie».

Gli SHM invece hanno investito eccome, del resto con una super hit come Don’t You Worry Child (2012) alle spalle, se lo possono permettere. 
«Prima di venire a Milano non sapevamo che questo sarebbe stato lo show migliore del tour e invece lo è, è il fottuto show migliore», gridano dal palco, tra fasci di luce colorata, fuochi d’artificio e vampate di fuoco intermittenti che scaldano l’intero palazzetto. 
Sul finale possono permettersi anche di chiamare sul palco un'altra superstar: «Stasera con noi c’è un quarto Swedish House Mafia, si chiama Ibrahimović. Zlatan Ibrahimović».

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Zlatan Ibrahimović Swedish House Mafia

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Luca Andrea Ricci

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