Correre ai ripari. È quello che Microsoft ha cercato di fare sin da subito, dopo le prime avvisaglie del problema che – in maniera direttamente proporzionale rispetto alla corsa dei fusi orari – si è manifestato prima in Australia e poi, via via, in tutte le altre parti del globo. C’è da dire che il costante stato di aggiornamento dei servizi di Microsoft è stato una bussola importante per guidare gli addetti ai lavori sull’evoluzione del problema, anche se – direttamente – tutto quanto si è verificato il 19 luglio è partito da un problema di Crowdstrike e da una sua incompatibilità (imparabile per Microsoft) con l’ecosistema Windows. A ogni modo, il 20 luglio, è stata pubblicata una nota sulla tech community di Microsoft che metteva in chiaro quali potessero essere le azioni di mitigazione da mettere in atto da parte dei vari responsabili IT delle macchine che riscontravano il problema (8,5 milioni nel mondo, secondo le stime di Microsoft).
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Nel Microsoft Download Center è stato reso subito disponibile lo strumento di ripristino. I responsabili IT potevano seguire due strade, individuate dallo stesso colosso di Redmond:
L’opzione consigliata da Microsoft, in ogni caso, è la prima, ovvero il recover da WinPE. Nel primo caso, tuttavia, a differenza del secondo si potrebbe dover ricorrere a chiavi di ripristino di BitLocker. Il tutto, in ogni caso, necessita del supporto di una chiavetta USB (che è la soluzione più semplice); del resto, Microsoft ha preso in considerazione una soluzione anche per tutte quelle macchine che non sono dotate di una porta d’ingresso USB.
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