Sappiamo come funzionano le notizie. Anche se tra due fatti non c’è per forza un rapporto di causa-effetto, quando questi fanno parte all’incirca della stessa sfera semantica e si svolgono a breve distanza l’uno dall’altro, le testate giornalistiche parlano di relazione. È successo per le linee guida dell’Agcom sugli influencer e per il pandoro-gate che ha messo seriamente a rischio l’impero costruito negli anni da Chiara Ferragni. La vicinanza cronologica dei due eventi li ha automaticamente resi, nella narrazione, l’uno la causa dell’altro. Tuttavia, Agcom stava iniziando già da tempo a regolamentare il settore dell’influencer marketing, provando innanzitutto a dare una definizione alla professione di influencer e al suo inserimento all’interno dell’ecosistema mediatico e comunicativo italiano. Il pandoro-gate è arrivato dopo, ma la sua rilevanza dal punto di vista della notiziabilità ha fatto sì che le nuove linee guida di Agcom fossero viste come una assoluta priorità rispetto alla giungla all’interno della quale gli influencer si sono mossi fino a questo momento. Poi, è passato anche l’effetto pandoro-gate (con gli osservatori di Instagram, X e TikTok che si stanno concentrando, piuttosto, sui nuovi contenuti che Chiara Ferragni posta all’indomani della crisi matrimoniale con Fedez) e, con esso, anche quel senso d’urgenza che circondava – come una sorta di aura – le linee guida di Agcom. L’autorità – è notizia degli ultimi giorni – quasi legittimerebbe questa narrazione, poiché avrebbe preso la decisione di rimandare il varo di queste stesse linee guida.
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Se ne parlerà (molto) dopo l’estate. L’originaria scadenza del varo di queste linee guida era fissata al 3 luglio. Adesso, l’autorità avrebbe pensato al 3 ottobre come nuovo confine entro cui dare finalmente una definizione al concetto di influencer in Italia. È questa la comunicazione che ha raggiunto tutte le parti in causa che erano state consultate in un tavolo tecnico che l’Agcom aveva indetto per cercare di raccogliere più materiale possibile sulla questione.
E che fino a questo momento, sebbene il tempo sia trascorso, non hanno ottenuto più di un paio di incontri al mese per stabilire chi sia un influencer, cosa debba fare quando sponsorizza un prodotto, quanto debba essere sanzionato nel caso in cui non dovesse rispettare le condizioni stabilite. Dunque, altra frenata sul caso. Una situazione che ricorda abbastanza da vicino quella che ha caratterizzato l’equo compenso per gli editori: anche lì, si è arrivati a una definizione, ma le trattative – tra editori e grandi di Big Tech – sono ben lungi dall’essere definite.
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