La storia si interrompe, come ogni storia che si rispetti anche noi abbiamo un passato tormentato, abbiamo bisogno di un flashback per cercare di spiegare le origini dei nostri protagonisti.
Inzago, provincia di Milano, esterno palestra, sera d’estate, caldo afoso. Un gruppo numeroso di amici appena maggiorenni si ritrova tutte le sere e come tutte le sere c’è indecisione su dove andare a passare la serata. Tra una partita a snake sul Nokia 3310 e un insulto gratuito alle varie madri si decide di andare all’Alkimia. Nessuno, nessuno sapeva che stava per andare in scena quello che è poi diventato famoso come “Lo schiaffo di Dalmine”.
Il gruppo numeroso, le naturali malsopportazioni e incomprensioni, i diversi interessi a quel tempo, una parte del gruppo tirò dritto sull’A4, loro diventarono i Guelfi, noi diventammo i Ghibellini aka Ghibella.
Anto faceva parte dei Guelfi, per la verità si era autoproclamato capo dei Guelfi e aveva pure fatto la maglietta “100% Guelfo”, io e Teo, insieme ad Andre, membro fondatore ma non presente nell’avventura in bici, dei Ghibella.
Il flashback fa poi un veloce salto avanti nel tempo di qualche anno, i protagonisti sono più maturi, alcuni amori col tempo sono cambiati, i protagonisti stessi sono cambiati e si ritrovano in una fredda domenica sera di inverno.
Interno, taverna di Teo, luce soffusa, quasi da night club clandestino, soffitto basso, cimeli del passato sulle mensole, camera in piano sequenza per raccontare il grande rientro di Anto che con un profondo discorso strappalacrime torna a far parte del gruppo insieme alla sua dolce metà Martina.
La scena si chiude con un attacco disperato con due dadi dei carri armati gialli di Teo in Ontario contro quelli rossi di Andre nei Territori del Nord Ovest. I carri armati gialli perdono, Teo esce sconfitto e mostra il suo obiettivo, il peggiore, quello più odiato: “Conquistare 18 territori presidiandoli con almeno due armate ciascuno”.