Uil: «Lavorano 12 ore al giorno per 15 giorni consecutivi». La Cisl oggi manifesta
MODENA. Sono bordate quelle che arrivano dalla Cisl e dalla Uil sulle condizioni di lavoro del personale sanitario dell’Ausl e dell’Azienda ospedaliero universitaria. Nicola Maria Russo di Uil in particolare dipinge un quadro non più sostenibile con «turni massacranti anche di 12 ore, fino a 15 giorni di lavoro consecutivo, lavoratori che si alternano tra due tre servizi diversi, continua reperibilità telefonica di infermieri, operatori sociosanitari e coordinatori laddove le condizioni fisiche, lo stress lavoro correlato e la stanchezza impattano senza alcun dubbio». Una condizione già denunciata per la grave carenza di «infermieri, oss, autisti e in generale tutti i profili tecnici ed educativi del settore, nonché anche dell’area dirigenziale medica». Una situazione che non farà altro che aggravarsi in vista della stagione estiva «se pensiamo che il personale è ormai logorato da turni estenuanti, da ore e ore di straordinario, blocco delle ferie e da carichi e condizioni di lavoro pesantissimi che stanno causando problematiche da stress psico-fisico lavoro correlato». Le ricadute sono anche sui reparti ospedalieri che «sono in sofferenza da tempo, mentre i servizi territoriali della Ausl sono in enorme difficoltà ed in piena riorganizzazione». Secondo Uil si lavora in costante emergenza e per questo il sindacato ha proclamato lo stato di agitazione sia per i lavoratori di Ausl che di Policlinico e Baggiovara.
La Cisl manifesterà già oggi davanti al Ramazzini di Carpi (dalle 10 alle 12) e domani al Policlinico (dalle 11 alle 13). «Nei giorni scorsi la Regione ha presentato il piano di smaltimento delle liste di attesa. Però non si capisce come sarà attuato – afferma Alfonso Bracigliano di Cisl – Senza potenziare il personale si corre il rischio concreto di cedere al privato pezzi di sanità pubblica. L’investimento sul personale è inoltre indispensabile per implementare l’assistenza territoriale in attuazione del Pnrr. Infermiere di famiglia, Osco, case della comunità, Cot (centrali operative territoriali) sono nuovi modelli di assistenza che rischiano di rimanere solo sulla carta senza un investimento. Sul tema delle risorse al personale, poi, – continua Bracigliano – succede che se si assume personale cala lo stipendio di chi è già in servizio. Questo paradosso non è frutto della pandemia, ma di un problema che si trascina dal 2018 a causa della scelta politica di tagliare i costi della sanità».