MODENA L’accusa è pesante: estorsione. A processo ci sono due persone, un uomo e una donna, accusati di essersi fatti consegnare oltre 20mila euro da un’amica. Chi li accusa è convinto che la vittima sia stata quasi plagiata, quantomeno sottomessa e raggirata; chi li difende sta cercando di dimostrare che quel denaro è stato consegnato in modo consapevole per ottenere una sorta di protezione e senza alcun raggiro.
Ieri la vittima si è aperta di fronte al giudice Elena Quattrocchi. Ha tentato, pur con grande imbarazzo, quel periodo di alcuni anni fa. Molto più determinata è stata la madre che appena si è sentita a proprio agio ha riannodato i fili dell’intera vicenda. Nella prossima udienza toccherà anche ai due imputati testimoniare e magari a raccontare una verità alternativa su cui il giudice dovrà poi decidere.
«Gli ho dato circa 20mila euro – racconta la vittima – Ad un certo punto non ne potevo più, non sapevo più come fare e ho raccontato tutto ai miei genitori. Siamo stati da un avvocato e abbiamo fatto denuncia contro quei due. Sì, nei confronti dell’uomo poi l’ho ritirata perché ci ha risarciti».
I contorni della vicenda sono chiari: la ragazza conosce bene l’uomo, sono molto amici, per un certo periodo lavorano anche insieme e lei lo chiama “fratellone”. Conosce anche la donna fin da bambina e ad un certo punto è stata ricatapultata nella sua vita. La vittima esce da una relazione complicata, ha appena avuto un figlio e la situazione affettiva non è delle migliori: teme per se stessa e ha paura che le venga tolto il bambino.
È in quello stato d’animo che si insinua quello che per la procura è un piano estorsivo: parte la continua a costante richiesta di soldi per proteggerla. «Mi diceva che poteva proteggermi, evitare che venissi presa di mira dall’altro ragazzo. Mi raccontava che aveva un amico ufficiale nei carabinieri e che grazie a lui potevo stare tranquilla. Però c’era chi tramava contro di me: mi ha parlato di sicari che anche il mio ex conosceva e che lui poteva portare dalla nostra parte per fare eventualmente il doppio gioco, ma bisognava pagarli. E io continuavo a dargli soldi».
In pochi mesi si arriva a circa 20mila euro, denari che la ragazza prima prende dal proprio conto corrente e poi si ingegna a racimolare altrove senza esitare nemmeno a rubare in casa, a impossessarsi di preziosi o a chiedere prestiti a qualche amico. «Avevo paura per me, per mio figlio, per i miei genitori. Mi dicevano che i sicari ci potevano fare del male – dirà sconfortata al giudice Quattrocchi – Una volta ho consegnato soldi per pagare un presunto hacker che togliesse un video girato con il mio ex».
I soldi non bastano mai, se ne accorgerà anche la mamma della ragazza, che si è costituita parte civile. «Inizialmente non gli avevo dato peso poi però mi sono trovata in difficoltà: dovevo pagare la retta mensile di mia madre in una casa di riposo e mancavano 600 euro. L’unica che era in casa era mia figlia... Anche il conto corrente era stato svuotato, pensavo ad un errore ma non era così. Con mio marito abbiamo anche scoperto che aveva preso pure dollari dalla cassaforte e gioielli che ho scoperto aver venduto al Compro Oro del Grandemilia. L’avevamo plagiata, era evidente».
La donna ricorda anche l’incontro con il presunto estorsore: «È venuto a casa nostra – spiega – Disse che lui proteggeva nostra figlia, e che c’era anche la possibilità di far fuori l’altro ragazzo. Lo abbiamo mandato via, ma per nostra figlia quello è stato un periodo durissimo. Ci mentiva in continuazione, figurarsi che un giorno la vidi consegnare soldi al presunto amico e lei in lacrime mi disse che glieli aveva prestati la settimana prima, era talmente tanto convinta di ciò che gli avevano insinuato che anche con noi non parlava. Addirittura non si fidava neppure dell’avvocato perché i due le avevano detto che faceva il doppio gioco».
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