Montecreto. Una commissione locale per decidere le modalità di recupero del monastero di Montecreto, dopo il via libera della Regione, pochi giorni fa, a 790mila euro di finanziamento per l’ambizioso progetto.
A chiederla è Carlo Beneventi, importante storico locale e direttore del museo di Montecreto “La casa dei leoni di pietra”. «Il nostro monastero è come un fragilissimo vaso di cristallo – osserva – e come tale deve essere trattato. Per questo auspico che, accanto ai progettisti incaricati, venga nominata una commissione di tecnici e storici locali che sovraintendano a progetti e lavori esecutivi».
Non di solo appello verbale si tratta: Beneventi ha già presentato al Comune una relazione dettagliata sul bene storico «in cui sono contenuti molti elementi sensibili che richiedono interventi di media e massima urgenza». E che quindi andrebbero inseriti come prioritari nell’ampio progetto di recupero.
Già nel 1979-80, in occasione dell’indagine dei beni culturali immobili di Montecreto (redatta dagli architetti Giuseppe Lipparini, G. Luigi Rinaldi e da lui stesso) Beneventi pubblicò un corposo studio sulla storia del monastero, fondato nel 1550. Poi nel 2013 è seguito il libro “Il sogno interrotto” (Adelmo Iaccheri editore), nel quale si focalizzò anche sulla ristrutturazione di un’ala fatta negli anni ’50 col “cantiere scuola” promosso dal parroco don Antonino Cenacchi, fondatore del Centro Addestramento professionale “Leonardo da Vinci” finalizzato alla realizzazione della scuola media Giovanni XXIII (una delle prime del Frignano). E ora rilancia la questione di questo blocco paesaggisticamente “disturbante”: «Purtroppo – spiega – questa meritoria opera, realizzata in due fasi, comportò l’innalzamento di una consistente parte dell’edificio, danneggiando irreparabilmente l’originaria scansione orizzontale del monte pensata e attuata dai carpentieri cinquecenteschi. Conscio del fatto che essa non possa più essere riportata all’originaria forma, ritengo però che tanto si possa fare per migliorare il suo aspetto esterno – rimarca – che oggi si presenta come un enorme monolite grigio che incombe sulla piazza».
Da qui il suggerimento di vari interventi: rimozione dell’intonaco per far riemergere la muratura originaria, sostituzione delle tapparelle verdi (“orribili”) con scuri in legno, tinteggiatura storica della parte di sopraelevazione novecentesca. Quindi la proposta, già avanzata nel 2015 con il suo docufilm “Le mura del silenzio” di recuperare il bene secondo tre grandi aree tematiche: “”Il luogo dell’accoglienza”, dove oggi si svolgono i camp tecnologici dei ragazzi; “L’hortus conclusus” racchiuso da alte mura, dove ricreare il giardino delle monache, ricco di erbe aromatiche e dove si potranno svolgere grandi eventi (concerti, rappresentazioni teatrali). E poi il “Monasterium del sapere” dove si potranno organizzare conferenze e proiezioni, esposizioni di arte sacra, vita monacale e di carattere etnografico (la civiltà della castagna, la vita ed i mestieri di un tempo)».
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