Due medici del Ramazzini sono finiti a processo per un intervento eseguito su un paziente.
Il reparto è quello di Urologia. Secondo l’accusa formulata dalla Procura, contestata dai difensori, l’operazione effettuata sul paziente avrebbe dovuto essere fatta in un modo diverso rispetto a quello messo in atto dai medici.
Il caso risale al 2014. Un paziente viene operato per un tumore al rene. I medici che effettuano l’operazione al Ramazzini sono i due finiti a processo.
Secondo la difesa, rappresentata per uno dei due medici dall’avvocato Andrea Mattioli, l’operazione è stata invece svolta in modo appropriato.
In seguito all’intervento si sono verificate gravi complicazioni che, secondo quanto sottolineato dalla difesa, possono essere considerate nel range della malattia. La patologia per la quale era stato operato il paziente, infatti, può manifestare recidive nel 50 per cento dei casi. Sarebbe dunque un fatto per cui non sarebbe possibile definire se il fatto sia dovuto o meno a un evento naturale.
L’accusa sostenuta dalla Procura afferma un’altra versione dei fatti e l’ipotesi di reato è quella di omicidio colposo.
Qualche anno dopo l’intervento il paziente è deceduto. Per questo si prefigura l’accusa di omicidio colposo.
Ieri mattina si è svolta un’ulteriore udienza del caso calendarizzata per ascoltare due testimoni. Dell’episodio si discuterà nel corso di una nuova udienza.
Diversi sono gli aspetti della vicenda che sono scandagliati. Come quello che il paziente, secondo quanto evidenziato dai legali, non si sarebbe mai sottoposto per sua scelta alle cure conseguenti.
Negli anni si è presentata una recidiva del tumore, che si è trasformata in metastasi e ha provocato il decesso.
Secondo la Procura l’erronea effettuazione del primo intervento ha favorito la recidiva di due anni dopo. Secondo la difesa, invece, non c’entra nulla. Nel processo non si sono costituite parti civili. L’ Ausl, infatti, ha già risarcito nel corso degli anni i famigliari.
S.A.
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