MODENA. Anche se tutti sono d’accordo che la didattica a distanza non ha la stessa efficacia di quella in presenza, tanti ragazzi ucraini, che ora si trovano sparsi per tutta Europa o purtroppo sono costretti a rimanere rinchiusi nei rifugi in patria, stanno continuando a seguire le lezioni grazie al “remoto” e considerano questa opportunità come una benedizione.
«Anche se abbiamo odiato tanto la Dad durante il periodo più buio della pandemia, pare l'unica ancora di salvezza grazie alla quale i nostri figli possono continuare ad andare a scuola», racconta Alina Stepanchuk, giunta il 2 marzo a Modena e ospite di parenti, dopo essere fuggita attraverso il confine polacco con le sue due bambine: Elisa di 10 e Yevheniia di 2 anni.
La loro famiglia viveva a Zytomyr, città non lontana da Kiev e ormai da settimane è sotto continui bombardamenti russi. «Grazie alla Dad- continua Alina - mia figlia Elisa si sente meno sola e può mantenere i rapporti con la maggior parte dei compagni di classe e dei suoi professori. Certo, purtroppo quasi quotidianamente le lezioni vengono interrotte dalle sirene che preannunciano un bombardamento, ma giusto il tempo che i professori e i ragazzi rimasti in città raggiungono i rifugi sotterranei e le lezioni, quando è possibile, ripartono. La scuola è chiusa agli alunni dall' inizio del conflitto ma aperta ai docenti che vogliono raggiungerla se hanno difficoltà a fare lezione on line dalle loro abitazioni. La scuola stessa possiede un rifugio antibombe». Alina racconta anche che in Ucraina, nonostante tanti insegnanti siano fuggiti dal Paese, si è creata un’incredibile rete di maestri e professori volontari che si sono messi a disposizione gratuitamente delle scuole per continuare le lezioni con i ragazzi. «Dal lunedì al venerdì- specifica la mamma delle bimbe- mia figlia Elisa è impegnata ogni mattina almeno cinque ore e a parte educazione fisica e i laboratori pratici, tutte le altre materie continuano ad essere insegnate senza interruzione». Così, grazie alla Dad, ogni mattina Elisa è felice di accendere il tablet e da Modena «va un po' a scuola in Ucarina», come dice, e può rivedere i suoi amici, senza nemmeno far più di tanto caso a questa nuova modalità di seguire le lezioni a scuola, che già ampiamente aveva sperimentato durante la pandemia. «Certo- dice Alina – ogni qual volta suonano le sirene e la lezione viene interrotta, mi assale il panico perché mio marito e tutta la mia famiglia è rimasta in città».
