Si risvegliò in un letto dell’ospedale di Baggiovara con una profonda ferita alla testa causata probabilmente da una bottigliata che però non verrà riconosciuta dai giudici. O almeno quel sospetto lo rese palese facendo denuncia in questura, svelando anche i nomi dei presunti aggressori. Quella notte del 23 agosto venne trovato in precarie condizioni in corso Cavour, all’incrocio con via Sgarzeria. Lui era ubriaco, non lo ha mai negato, e raccontò agli investigatori di essere stato sorpreso alle spalle da tre giovani: uno lo aveva afferrato ad una spalla per girarlo, l’altro gli avrebbe rifilato una bottigliata di birra, il terzo non ha avuto particolari compiti se non quello di restituire – a distanza di giorni – il cellulare rapinato insieme ad un po’ di soldi.
Ma ieri quella ricostruzione è stata cancellata dagli avvocati difensori dei tre ragazzi. Alberto Emanuele Boni, Roberto Ghini e Marco Pellegrini hanno infatti minato alla base la credibilità e la testimonianza della vittima su cui si è basato tutto il processo.
«Non è stata una testimonianza sincera – ha chiosato Ghini – Ha mentito». E a sostegno della sua tesi ha avanzato il sospetto connesso alle celle telefoniche: «Gli hanno rapinato il telefono per riconsegnarglielo tre-quattro giorni dopo? Però quel telefono ha funzionato anche la mattina mentre era in ospedale a Baggiovara, è localizzato proprio in quell’area... La cosa è molto sospetta. Non ricorda quanti grammi di hascisc avesse preso a credito; omette alcuni fatti tipo quando andò sotto casa di un imputato ad insultarlo stando in strada; non sa neppure quanti soldi gli abbiano portato via».
Abbondanti dubbi sono emersi anche nella discussione di Marco Pellegrini: «La vittima è venuta a testimoniare temendo di trovarsi indagato per questioni di spaccio o calunnia. Non ha agevolato l’accertamento della verità, raccontando una storia piena di contraddizioni tra cui il luogo in cui venne aggredito. Parla di svenimento davanti a San Filippo Neri ma l’ambulanza lo trova molto più distante; ci parla di una bottiglia di birra ma è una suggestione e anche la ferita non è compatibile con un aggressione frontale».
La procura, pur condividendo le perplessità sull’attendibilità della vittima, ha comunque sostenuto la tesi della responsabilità dei tre giovani anche per la rapina. Le richieste di condanna sono state quindi pesantissime comprese tra 6 anni e 8 mesi e 5 anni e 6 mesi per gli altri due coimputati.
I giudici (presidente Ester Russo, Danilo De Padua e Donatella Pianezzi) hanno valutato oggettive le lesioni causate alla vittima (non c’è l’aggravante della bottiglia, ma sono stati considerati attendibili solo un paio di schiaffi), ma non hanno riscontrato gli estremi per condannarli per la rapina. Agli imputati, quindi, imputati per le lesioni sono stati comminati dieci mesi e per tutti ordinata l’immediata liberazione visto che in due erano ancora detenuti in carcere.
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