ROMA. E’ la minaccia implicita in ogni attacco di Mosca all’area dei siti atomici: «Il prossimo colpo potrebbe centrare un reattore». Nel conflitto in Ucraina l’arma più pericolosa sul terreno sono gli impianti nucleari di vecchia generazione . «La centrale di Chernobyl funziona grazie a generatori diesel esterni», avverte l’Agenzia internazionale per l'energia atomica (Aiea), ribadendo «la grave preoccupazione sulla sicurezza dei siti atomici in Ucraina». La Russia vuole il controllo totale e permanente di Zaporizhzhya, secondo Kiev. L’ Aiea sottolinea che i 211 membri del personale non sono in grado di ruotare e di fatto vivono all'interno della struttura da quando la Russia ne ha preso il controllo. Il diretto generale Rafael Mariano Grossi, perciò, lancia l’allarme e richiama l’attenzione della comunità internazionale sulle «centrali nucleari in Ucraina». Le autorità ucraine hanno informato appunto l'Agenzia atomica internazionale del fatto che la Russia intende prendere «pieno e permanente» controllo della centrale nucleare di Zaporizhzhya. Un’accusa che Mosca nega. Nella lettera inviata all'agenzia delle Nazioni Unite, Petro Kotin, presidente di Energoatom, sostiene che da quando i russi hanno preso il controllo della più grande centrale nucleare d'Europa la scorsa settimana circa 400 militari russi sono «presenti costantemente sul sito» e la centrale rimane sotto il controllo del comandante delle forze russe. Insomma, dopo l'assalto dei giorni scorsi, sotto controllo di fatto di Mosca è ormai anche la centrale nucleare di Zaporizhzhia, la più grande d'Europa. Nel sito, la società statale russa per l'energia atomica, Rosatom, ha inviato i suoi ingegneri per verificare la situazione. Le attività ordinarie, sottolinea Mosca, continuano a essere svolte dallo staff ucraino, ai quali però è stato detto che «l'impianto non appartiene più all'Ucraina e che d'ora in poi dovrà operare sotto il controllo russo».
Copertura
L’Ucraina ha in funzione quattro centrali nucleari, dotate complessivamente di 15 reattori operativi. Tra queste Zaporizhzhia, la più grande d'Europa, ora controllata dall’esercito russo. Dei 15 reattori 6 sono a Zaporizhzhia. A nord Rivne, vicina al confine con la Polonia e la Bielorussia, ha 4 reattori. Khmelnitsky, più spostata all'interno del Paese, ne ha due. A Sud Mykolaviv ( 500 chilometri da Kiev, 130 da Odessa), ha tre reattori funzionanti, non lontano dai territori occupati dalle truppe russe. Tutte insieme, le 4 centrali producono 13.823 megawatt, sufficienti a coprire il 55% del fabbisogno energetico di tutto il Paese. Si aggiunge al conto il sito di Chernobyl, teatro della storica esplosione del 26 aprile del 1986, chiuso definitivamente il 15 dicembre 2000 e anch'essa occupata.
Vecchia generazione
«Da Chernobyl la nube in sette giorni ha fatto il giro del mondo- puntualizza il geologo Mario Tozzi del Cnr- Quelle ucraine sono centrali di vecchia generazione quindi ordigni particolari possono arrivare ad intaccare anche le parte più sensibili». Il rischio è molto alto non a caso sono sempre difese dai militari. E per un eventuale spegnimento di una centrale nucleare ci vuole parecchio tempo. Invece in caso di emergenza, precisa Tozzi, «c'è un metodo per spegnere al volo ovvero “annegare" le barre e impedire che la reazione si moltiplichi a catena. Questo però comporta la perdita del reattore e svariati problemi di inquinamento anche se sarebbe comunque una limitazione del danno». E in ogni caso per fare in modo che questo procedimento possa essere messo in atto non deve essere colpita la centrale di controllo.
Incidente possibile
«La serie di coincidenze infauste del 1986 a Chernobyl può ripetersi in una situazione di guerra», spiega alla Stampa.it il professor Alberto Lusiani, fisico delle interazioni fondamentali alla Normale di Pisa e unico scienziato italiano a partecipare a un esperimento internazionale del FermiLab. A provocare 36 anni fa il disastro atomico fu un esperimento dagli esiti catastrofici: il tentativo di abbassare la potenza dell’impianto. Una manomissione che potrebbero tentare anche i russi dopo aver assunto il controllo della principale centrale nucleare ucraina. «Per non trasformarsi in bombe, le reazioni nucleari devono restare sotto controllo- precisa Lusitani-. Se il sistema di raffreddamento viene alterato la fusione del nocciolo provoca l’infiltrazione di materiale radioattivo nel territorio e nelle falde acquifere. E con un’esplosione il rilascio in atmosfera produrrebbe danni catastrofici alla salute e all’ambiente anche a migliaia di chilometri di distanza. La reazione nucleare produce un eccezionale quantitativo di calore. Se per un qualsiasi motivo la refrigerazione viene a mancare la situazione diventa insostenibile per qualsiasi impianto».
Raffreddamento in pericolo
Il professor Maurizio Martellini, fisico nucleare, insegna all'Università dell'Insubria nel dipartimento di Scienza e alta tecnologia (Disat). «Il vero problema della centrale di Zaporizhzhia è che, come tutte le centrali nucleari, utilizza del combustibile che dopo un certo numero di anni deve essere sostituito ma è molto “caldo”, come diciamo noi fisici, molto radioattivo e viene messo dentro delle piscine a raffreddare- osserva Martellini-. La paura è che queste piscine non sono ricoperte come il reattore nucleare ma sono libere e a cielo aperto e la paura è che un missile possa finire su una di queste piscine di raffreddamento del combustibile nucleare spento, cosa che causerebbe una catastrofe molto più grave di Fukushima e Chernobyl». Per questo il direttore generale dell'Aiea (Agenzia internazionale per l’energia atomica) , Rafael Grossi ha chiesto ai suoi interlocutori russi e ucraini di potersi recare sul posto. «La situazione è davvero difficile da sostenere. Non dobbiamo aspettare che si ripeta un attacco a un impianto per affrontare la situazione in maniera più efficiente», evidenzia Grossi a proposito dell'incendio nella centrale di Zaporizhzhya. E i danni alle centrali nucleari sono sempre globali.