Gli ex clienti del penalista, poi diventati collaboratori di giustizia, hanno rivelato il suo tariffario per processi e scarcerazioni
BARI. Avrebbe intascato compensi per attività legale fino a 100mila euro per ogni cliente, dichiarando redditi annui tra i 26mila e i 60mila euro. È quanto ha accertato la Guardia di Finanza di Bari che oggi ha sequestro all'ex penalista barese Giancarlo Chiariello beni per 10,8 milioni di euro con l'accusa di evasione fiscale.
Nel corso dell'interrogatorio di garanzia dopo l'arresto per corruzione in atti giudiziari e il rinvenimento a casa di suo figlio di zaini contenenti 1,1 milioni di euro in contanti, Giancarlo Chiariello aveva già «riconosciuto come proprie» le somme di denaro sequestrate, «indicandole - spiegano i finanzieri - come i risparmi di vent'anni derivanti dai pagamenti dei clienti per l'attività professionale prestata».
I suoi ex clienti poi diventati collaboratori di giustizia hanno rivelato che al penalista pagavano 10 mila euro di onorario per ciascuno procedimento, che potevano raggiungere i 100 mila euro per il patrocinio in Cassazione a fronte di un'accusa per omicidio. «Pagamenti effettuati tutti in contanti - hanno ricostruito i finanzieri - , in violazione della normativa antiriciclaggio e senza il rilascio di alcun documento fiscale».
Le successive verifiche patrimoniali, coordinate dal procuratore di Bari Roberto Rossi con il sostituto Giuseppe Dentamaro, hanno documentato redditi dichiarati tra il 2016 e il 2019 tra i 26mila e i 60mila euro annui, a fronte di una «effettiva capacità di spesa del nucleo familiare dell'indagato, risultata particolarmente elevata, come dimostrato dall'acquisto e dal possesso di auto di lusso, di gioielli e di consistenti disponibilità finanziarie derivanti da titoli di credito, obbligazioni, depositi e conti correnti».
Il denaro incassato in nero dall'ex penalista barese Giancarlo Chiariello per gli incarichi legali era parzialmente suddiviso in buste sottovuoto, perché «destinato ad essere occultato altrove». Ne sono convinti i magistrati baresi che oggi hanno disposto il sequestro preventivo di beni per oltre 10,8 milioni di euro, per il «rischio che le somme corrispondenti all'imposta evasa, invero ingenti, potrebbero essere disperse o distratte».
Quando circa un anno fa l'ex penalista fu arrestato dalla magistratura salentina per alcuni episodi di corruzione in atti giudiziari relativi a presunte tangenti pagate all'ex gip di Bari Giuseppe De Benedictis per ottenere scarcerazioni di clienti, in casa del figlio furono trovati circa 1,1 milioni di euro in contanti «suddivisi in tre zaini per agevolarne il trasporto - spiega la Procura di Bari - e una parte sottovuoto per assicurarne la conservazione in caso di umidità». La gip di Bari Valeria Isabella Valenzi, accogliendo la richiesta del procuratore Roberto Rossi, ha ritenuto che il penalista tentasse di «sottrarre alle investigazioni» i «pagamenti in contanti ricevuti dai propri clienti nel corso del tempo che, per ovvie ragioni, non poteva depositare in banca», come da lui stesso dichiarato in un interrogatori dinanzi ai pm di Lecce.
La quantificazione delle imposte evase è stata possibile grazie al sequestro dell'elenco dei clienti dell'avvocato, tra i quali alcuni pregiudicati diventati poi collaboratori di giustizia. Grazie alle loro dichiarazioni è stato possibile ricostruire il "tariffario" degli onorari del legale: tra i 4 e i 7 mila euro solo per accettare la nomina difensiva, 15 mila euro per un ricorso in appello, «su un omicidio ci volevano 100 mila euro» ha detto l'ex boss de clan Palermiti di Bari Domenico Milella, 30 mila euro per una scarcerazione secondo Danilo Pietro Della Malva, co-imputato a Lecce per le presunte tangenti all'ex gip.