La richiesta di Zelensky e i dubbi di Putin
TEL AVIV- E se fosse Israele ad avere una chance di successo nella mediazione tra Russia e Ucraina? L’idea rimbalza tra analisti, media e diplomatici, mentre si consuma il quinto giorno di guerra in Ucraina e le due rispettive delegazioni siedono con scarse speranze e discutibili intenzioni, a un tavolo negoziale in Bielorussia.
«Crediamo che Israele sia l'unico stato democratico al mondo che ha grandi relazioni sia con l'Ucraina sia con la Russia», ha dichiarato al New York Times l'ambasciatore ucraino in Israele Yevgen Korniychuk dopo che, durante una telefonata venerdì scorso, il presidente Zelensky ha chiesto al premier Bennett di assumere il ruolo di mediatore tra lui e Putin. Il primo ministro israeliano non ha risposto immediatamente, ma domenica ha sottoposto l'idea al presidente Putin, durante la prima telefonata intercorsa tra i due dopo l'invasione russa. Secondo i media israeliani Bennett ha aggiornato Stati Uniti e Ucraina sia prima sia dopo la conversazione. Ma la proposta di mediazione sarebbe caduta nel vuoto.
Mentre il premier Naftali Bennett si offre come pacificatore nella crisi e valorizza gli aiuti umanitari all’Ucraina, resta attento a non criticare direttamente la Russia. E lascia al ministro degli Esteri Yair Lapid il compito di condannare l'attacco russo all’Ucraina come «una grave violazione dell'ordine internazionale» e di annunciare che Israele voterà a favore della mozione dell'Onu che condanna l'invasione russa, unendosi allo «sforzo internazionale a favore dei cittadini dell’Ucraina».
«Israele si trova in una buona posizione per mediare tra Russia e Ucraina, ma non dovrebbe perdere di vista le proprie priorità in termini di sicurezza», raccomanda Esther Lopatin, docente in Studi Europei alla Tel Aviv University. «E’ giusto che mostri buona volontà - continua - ma solo finché la sua posizione non rischiasse di diventare troppo compromessa nei confronti della Russia. Non dimentichiamo che il nemico numero uno di Israele resta l’Iran».
«E’ l’Onu il mediatore più efficace nei conflitti globali», sostiene Barak Bouks, ricercatore al dipartimento di studi politici all’Università Bar-Ilan. «In quanto membro di questa dignitosa istituzione, Israele potrà prendere parte a qualsiasi iniziativa, se gli venisse richiesto», aggiunge.
Un’opzione che Israele dovrebbe valutare attentamente, secondo il Jerusalem Post. «È vero, c'è molto lustro nella prospettiva di mediare tra le parti in guerra», scrive l’analista Herb Keinont. In caso di successo, c’è da guadagnarne in prestigio e status, «e forse anche un premio Nobel per la pace», ipotizza. «Ma questo - dice ancora - è un enorme “se"».
«Ci sono considerazioni da fare su cosa Israele può o non può fare», spiega l’esperta di affari mediorientali presso l'Institute for Foreign Policy “Mitvim" Ksenia Svetlova. «La questione - continua l’analista - è se Israele riuscirà a mantenersi in equilibrio sulla sottile linea della neutralità per restare amico di tutti. O se piuttosto coglierà l’opportunità, data la sua posizione speciale nell’arena internazionale, di vestire i panni del negoziatore», per provare a trasformare i grattacapi diplomatici in opportunità. «Dipende dalla maturità della sua politica estera e della sua autocoscienza», secondo Svetlova.
Oltre al fatto che ci sono significative comunità ebraiche sia in Ucraina sia in Russia, e di cui Israele deve tenere conto, per quanto abbia relazioni amichevoli sia con Kiev sia con Mosca, l’alleanza privilegiata tra Israele e Stati Uniti rende più delicata la posizione dell’esecutivo di Bennett.
«Anche i nostri partner americani comprendono che ci sono due considerazioni che ci impongono prudenza e ponderatezza», ha precisato in una nota il ministro Lapid, annunciando la posizione di Israele all’Onu. La prima è che «Israele ha di fatto un confine di sicurezza con la Russia», che è la forza militare più significativa in Siria dove Israele da anni contrasta, col placet di Mosca, l’espansionismo iraniano verso il Mediterraneo orientale. La seconda considerazione riguarda le migliaia di israeliani che ancora si trovano in Ucraina e «i 180mila ebrei ucraini che possono avvalersi della Legge del ritorno», ossia che possono richiedere di immigrare in Israele.