Costretto a vendere l’appartamento per pagare i debiti, tra pochi giorni con il subentro dei nuovi proprietari rimarrà senza casa assieme alla moglie e alla figlia. «Ci ritroveremo a dormire in auto, in questo momento non vedo alternativa».
La storia è quella di Giovanni Giovannini, modenese 53enne che da un decennio ormai affronta un calvario partito dai problemi di salute che l’hanno condotto a subire sette interventi al cuore, l’ultimo ad agosto 2021 al culmine della clamorosa protesta annunciata per mail all’assessorato al Sociale del Comune: la sospensione dei farmaci per il cuore, anche quelli salvavita, se non si fosse trovata una soluzione al suo caso. Così disse e fece a maggio, e ad agosto arrivò l’infarto, per fortuna superato.
I problemi di salute lo hanno portato ad abbandonare il lavoro di artigiano, a ruota la moglie, oggi 60enne, nel 2013 ha perso il suo per la chiusura della cooperativa in cui era impiegata. Entrambi hanno cercato un’occupazione alternativa, anche partecipando a corsi di formazione, ma invano. Oggi la famiglia va avanti con 1.600 euro circa al mese legati al reddito di cittadinanza e al lavoro part time della figlia 20enne. Hanno inevitabilmente accumulato dei debiti e sono arrivati al pignoramento dell’appartamento: «Lo abbiamo messo in vendita prima che finisse all’asta – spiega Giovannini – il ricavato sarà appena sufficiente a pagare i debiti con la banca e le spese condominiali arretrate. Restiamo però senza alloggio: dovevamo lasciarlo libero l’11 gennaio, c’è stato un rinvio ma ormai ci siamo. È giusto che la coppia con bimba piccola che l’ha preso possa subentrare. Ma noi resteremo senza casa».
La famiglia ha provato a cercare un appartamento in affitto dappertutto, «ma o ci propongono cifre improponibili o non ci danno nulla perché il reddito di cittadinanza non viene ritenuto una garanzia, perché l’abbiamo oggi ma potremmo non averlo domani. E non è certo una garanzia il lavoro part time di nostra figlia. Siamo disperati – sottolinea Giovannini – è dal marzo 2021 che ci siamo rivolti al Comune e dopo un anno non abbiamo nessuna soluzione, solo parole. E adesso siamo nel baratro».
