SAN FELICE. Avanti anni luce rispetto agli altri anche alla bella età di centouno anni. Perché lui ai centouno associava ancora la carica di un ragazzino visionario. Innamorato della vita. Del suo Paese. Trasparente. Umile. Sempre proiettato nel futuro e che credeva, scommetteva, fortissimamente nei giovani. “The unanswered question”, “Domanda senza risposta”, poema orchestrale dell’americano Charles Ives, era uno dei suoi pezzi preferiti. Come il “Tristano e Isotta” di Richard Wagner «perché ci permette di indagare il mistero estremo dell’amore, della vita e della morte...», ripeteva quando uno cercava di raccontare la sua vita, capire i segreti del suo successo, del suo funambolismo aggrappato alla vita, all’entusiasmo, all’intuizione, a l mondo intero e nello stesso tempo alla sua terra, divisa tra quei fazzoletti che sono San Biagio e San Felice, dove era nato, e Bologna che lo aveva accolto fino a farne uno dei più grandi imprenditori italiani e riferimento nel settore farmaceutico. Ecco, il punto interrogativo, il punto di domanda ha sempre animato ogni giorno, ogni mattina e ogni sera prima di addormentarsi la mente di Marino Golinelli che a 101 anni se ne è andato.
Ha abbracciato due secoli e un millennio Marino, fondatore del gigante farmaceutico Alfasigma (ricavi sul miliardo di euro e tremila dipendenti che, come un altro grande modenese che di nome faceva Enzo e di cognome Ferrari, riteneva la sua famiglia), passando da una famiglia di contadini nella campagna di San Biagio di San Felice (dove era nato l’11 ottobre del 1920) alle scuole, poi all’Università a Bologna fino a quelle tre stanze con cui diede vita alla Alfa Farmaceutici. Che poi negli anni diventò Alfa Wassermann (con l’acquisizione della storica Schiapparelli e quindi la Wassermann), poi Alfasigma (attraverso l’operazione Sigma Tau di sette anni fa).
Negli ultimi anni, a chi gli chiedeva di tracciare un bilancio del suo secolo di vita e di successi, Golinelli rispondeva sempre che preferiva guardare al futuro, ai progetti per il 2030, per il 2050 o per il 2088.
Visionario, innamorato del futuro. Dell’arte, della musica e che conservava l’umiltà e la semplicità di quando viveva a San Biagio o giocava all’ombra della Rocca di San Felice. Il suo amore. Le sue radici che non ha mai rinnegato. Anzi ha spesso e volentieri aiutato. Tendendo la mano alla comunità con importanti donazioni. Donare era una delle parole preferite di Golinelli. E cos’è se non una donazione ai giovani, al loro futuro l’Opificio Golinelli, il G-Factor o il Life Learning Center: spazi di grande bellezza alla periferia della città ispirati all’arte o costruiti come una cittadella a suon di milioni di euro con l’intento educativo di diffondere tra le nuove generazioni il sapere scientifico. Facendo crescere ricerca, consapevolezza in se stessi di cui tanti giovani del nostro Paese hanno bisogno.
A 101 anni ha lasciato un segno indelebile come industriale farmaceutico e filantropo, appassionato di scienza e di arte, curioso di tutto quello che lo circondava. L’Alfasigma, da anni, è amministrata dai suoi figli e lui ha dedicato l’ultima parte della sua lunga vita alle sue passioni. O per meglio dire, come disse nell’ottobre del 2020, in occasione del suo centesimo compleanno, si è impegnato per “restituire qualcosa” di quello che la vita gli ha dato.
In occasione dei suoi cento anni disse che stava lavorando a progetti fino al 2088, ovvero all’anno in cui la sua fondazione avrebbe compiuto cento anni.
«Nel futuro - disse allora - ci aspetta un mondo imprevedibile, completamente diverso dall’oggi, ma dobbiamo prepararci. Bisogna dare ai giovani gli strumenti per capire, il più presto possibile, qual è la loro passione.
Devono studiare, sacrificarsi, appassionarsi. La vita è esserci con intelligenza, in modo responsabile. E impegnarsi, darsi da fare perché le cose avvengano. A cent’anni si può dire: ho già dato. E invece io dico: si può continuare, si può sempre donare». Un grande.
