L’esperto Aldo Magnoni fa il quadro della presenza di animali selvatici in provincia. «Drammatica situazione nella Bassa, dove gli uccelli attaccano allevamenti di pesce»
Migliaia di euro di danni solo nell’ultimo anno, danneggiamenti all’agricoltura ed ai campi, capi di bestiame e allevamenti presi di mira, auto sfasciate ed incidenti continui: questi sono solo alcuni dei tristi risvolti della difficile “relazione” tra uomo e natura nel nostro territorio. Connubio perfetto tra pianura, montagna e collina, il modenese è da sempre un luogo in cui animali selvatici e uomini hanno cercato di convivere pacificamente.
Tuttavia, in certi casi, i limiti naturali o fisici di questa “relazione” vengono rotti, compromettendo l’equilibrio tra natura ed urbanizzazione, portando così a danni economici davvero non indifferenti. Dai più famosi problemi legati ai lupi ed ai cinghiali, dannosi soprattutto in Appennino ed in collina, fino ai più recenti danni causati da specie non autoctone, stanziatisi nel nostro territorio a causa dei cambiamenti climatici, conosciamo più o meno tutti la difficoltà nel mantenere uomo e natura in pace. Aldo Magnoni, operatore dell’ufficio “Servizio territoriale, agricoltura, caccia e pesca” della Regione, è, infatti, da diversi decenni uno dei più importanti coordinatori e gestori del mantenimento di questa “pace”: «La fauna della nostra provincia è certamente una delle più controllate d’Italia, sia per quanto riguarda gli animali protetti dallo Stato che quelli cacciabili. Come Regione abbiamo proposto una risoluzione sempre in prima battuta non violenta dei problemi che certe specie possono causare, attraverso piani di contenimento e dissuasione non violenti. Nel caso però in cui questi metodi non dovessero bastare, si procede quindi, come estrema ratio, con un piano di controllo più violento».
Magnoni ha poi proseguito parlandoci dei danni causati dagli animali nel 2021, tracciando un bilancio: «L’ultimo anno è stato davvero particolare; abbiamo avuto i soliti casi di attacchi da parte di lupi in montagna, ma in un quantitativo sicuramente minore rispetto a qualche anno fa. I contadini ed i pastori sono stati aiutati economicamente ed istruiti di dovere dalla Regione, trovando quindi metodi sempre più efficaci per ridurre i fattori di rischio. Certo gli attacchi continuano ad esserci, ma sono assolutamente circoscritti e poco dannosi. Per quanto riguarda la questione cinghiale, altro animale piuttosto impattante in montagna, abbiamo riscontrato una diminuzione del 15% di casi in cui ha creato danni a persone o a cose. Il suo contenimento è stato possibile perché l’animale è soggetto a continue azioni dissuasorie di controllo, violente e non, che mantengono la popolazione in un numero accettabile e non pericoloso per gli insediamenti umani. Drammatica rimane ancora purtroppo la situazione nella Bassa a causa dell’innalzamento del numero di uccelli ittiofagi, che attaccano gli allevamenti di pesce in queste zone. I danni sono importanti».
«Il nostro territorio - ha poi continuato Magnoni - è davvero unico nel suo genere e presenta una serie di microclimi con caratteristiche davvero singolari. A causa di queste variazioni climatiche, ritroviamo nella provincia di Modena innumerevoli specie animali, diverse tra loro per caratteristiche e quindi per danni e problemi che possono causare. Non riscontriamo quindi la presenza di territori più o meno critici, ma una certa variabilità data da diversi fattori, tra cui ci sono i cambiamenti climatici. L’innalzamento delle temperature ha portato infatti diversi specie migratorie a stanziarsi permanentemente nelle nostre zone, comportando l’insorgenza di nuove problematiche a cui abbiamo dovuto trovare rimedio. Ad esempio la permanenza del Colombaccio, tra i più importanti uccelli migratori, nel nostro territorio, dieci anni fa era assolutamente imprevedibile, ora è la consuetudine. Le panoramiche naturali cambiano in continuazione e dobbiamo adattarci».
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