Gli studenti allo spettacolo di Elio Germano riflettono sulle offese: «Parole utilizzate senza saperne il senso»
Nella giornata dedicata alla memoria della Shoah, nella quale alcune classi delle scuole superiori di Carpi hanno partecipato allo spettacolo al teatro Comunale promosso dalla Fondazione Fossoli, non sono mancati i commenti sulle insulti della serie “sei un ebreo di m...”. Insulti che, da quanto emerso negli ultimi giorni, sembrano essere piuttosto diffusi tra i giovanissimi, a prescindere dal discorso religioso.
«Purtroppo sono frasi che abbiamo già sentito – conferma Chiara Morselli, della quinta Meucci – fortunatamente non nella mia cerchia di amicizie, ma di certo gira. L’impressione che si ha però, è che spesso venga detta con superficialità, al pari di altri insulti, per esempio sulla tendenza sessuale. Sono stereotipi che si usano senza pensare effettivamente al significato e al grave fatto storico che parole di questo tipo racchiudono».
E proprio sull’abbattimento degli stereotipi, sull’importanza delle parole e lo sviluppo di uno spirito critico che ognuno dovrebbe saper mettere in campo per scongiurare qualsiasi condizionamento, è stato l’argomento dello spettacolo a cui i ragazzi hanno assistito con entusiasmo e partecipazione, muniti di visori VR e cuffie, dal titolo “Segnale d’allarme”. Lo spettacolo è la trasposizione in realtà virtuale de “La mia battaglia”, un’opera portata in scena dall’attore Elio Germano che parla alla e della nostra epoca dove gli spettatori sono portati a piccoli passi a confondere immaginario e reale e grazie alla realtà virtuale si immergono nell’opera teatrale diventandone parte.
«Quest’anno abbiamo voluto proporre sia alle scuole che alla comunità carpigiana qualcosa di davvero provocatorio, un’opera che ibrida il teatro con le nuove tecnologie – afferma Marzia Luppi direttrice della Fondazione Fossoli – affiancando così alle tante attività di carattere storico che al campo di Fossoli facciamo quotidianamente, alcuni importanti elementi di riflessione sulla contemporaneità che stiamo vivendo e sulla reale nostra capacità critica di leggere e guardare le cose per cercare di uscire da stereotipi e luoghi comuni».
Sull’importanza di riflettere su questi temi proprio nella Giornata della Memoria i ragazzi si sono dimostrati entusiasti e molto coinvolti: «La Giornata deve servire proprio a questo – sottolinea Giulia, di quinta al Meucci – la storia ci deve servire per comprendere la contemporaneità. Ecco perché credo che la Giornata della Memoria, così come quella dedicata alla Terra, o a qualsiasi altro tema debba essere tutti i giorni e non solo una volta l'anno».
«A scuola dovremmo parlarne di più – aggiunge la compagna di classe Cecilia Saltini – In questi giorni ho tristemente constatato che alcuni ragazzini più giovani di noi che frequentano la scuola hanno davvero poca conoscenza delle vicende che hanno portato alla tragedia dell’Olocausto».
A tal proposito Manuel e Alex, sempre del Meucci, ritengono che i paragoni al fascismo e al nazismo che di questi tempi recentissimi i movimenti no-vax e no-green pass si avvalgono per giustificare il loro isolamento, sia di fatto un segno palese di un’errata conoscenza di come sono andati davvero i fatti storici. «Purtroppo i testimoni diretti di quel tragico periodo ci stanno via via lasciando – ha commentato il professore Santino Filocamo, docente di Italiano al Meucci – fare memoria diventa allora sempre più importante per non lasciare il posto alle correnti negazioniste».
Correnti che già esistono come ha confermato anche il presidente della Fondazione Fossoli, Pierluigi Castagnetti, durante il saluto pre-spettacolo ricordando che “da un’indagine fatta lo scorso anno nel nostro Paese il 14% degli italiani nega la Shoah».
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