«Vi farò vedere cos’è un femminicidio». Un padre di famiglia l’avrebbe detto alla moglie, davanti ai figli minorenni. L’uomo è stato portato i tribunale per maltrattamenti aggravati e rischia una condanna a due anni e dieci mesi di reclusione.
Questa la richiesta, comprensiva di sconto di pena per il rito abbreviato, del pubblico ministero Marta Tollardo. La donna si è costituita parte civile con l’avvocato Gianluca Nicolai per il risarcimento danni, mentre il difensore Andrea Rui ha ribattuto con l’assoluzione, come minimo, per insufficienza o contraddittorietà della prova. Il giudice per le udienze preliminari Elisabetta Scolozzi ha rinviato al 19 novembre per eventuali repliche e sentenza.
I due coniugi si erano sposati nel 2002 e c’è stato anche un periodo di serenità, prima che il rapporto diventasse conflittuale e si arrivasse alla causa di separazione. Lei garantisce che i problemi ci sono sempre stati e solo ultimamente ha deciso di presentare la denuncia ai carabinieri di Feltre, lui sostiene di non aver commesso reati ed eventuali insulti e minacce sono stati reciproci.
I maltrattamenti contestati non sarebbero stati fisici: nel fascicolo, non figurerebbero accessi al Pronto soccorso dell’ospedale Santa Maria del Prato e relativi certificati medici. L’imputato è accusato di aver continuamente screditato la coniuge, dicendole che non meritava di vivere, non valeva niente ed era un’incapace. E di averla anche minacciata apertamente di morte, arrivando a dire «vi farò vedere cos’è un femminicidio» sotto gli occhi dei figli. In questo, consiste l’aggravante.
Il processo si è svolto sugli atti della Procura. Il pm ha ritenuto provate le accuse e ha chiesto una condanna a due anni e dieci mesi. Nicolai si è associato, in attesa di un risarcimento danni, che sarebbe ancora da quantificare. L’arringa di Rui è andata nella direzione opposta. La parte civile avrebbe ricambiato i maltrattamenti e ci sarebbero anche delle mail penalmente rilevanti. Il giudice non si è chiusa in camera di consiglio per la decisione, ma ha rinviato perché potrebbero esserci delle repliche, prima della sentenza. Chiaro che, se non replicherà la pubblica accusa, a novembre dovranno rimanere in silenzio anche le altre parti.