La stella di R. Kelly, definito da molti come «Il Re del Pop-Soul», ha iniziato a oscurarsi quattro anni fa, quando un giornalista di Chicago, Jim DeRogatis, aveva raccolto la denuncia dei genitori di una ragazza che ha accusato il cantante di aver abusato di lei. Da lì è nata un’inchiesta che ha rappresentato un tassello fondamentale del movimento #MeToo e che trova una conclusione il 27 settembre 2021 con la sentenza che condanna Kelly per una serie di reati legati al traffico sessuale. Kelly è, infatti, accusato di aver abusato di diverse ragazze minorenni e, in almeno due casi, di ragazzi.
https://twitter.com/nytimes/status/1442570163539222530Sfruttando il suo potere e la sua celebrità, il cantante avrebbe costretto le vittime a non poter lasciare la stanza dove si trovavano senza il suo permesso, neanche per andare in bagno. Le ragazze dovevano indossare abiti scelti da Kelly e rivolgersi a lui chiamandolo «Daddy». Dopo una lunga battaglia legale, l’artista è stato ritenuto colpevole di tutti e otto i capi d’accusa che pendevano sulla sua testa, lasciando aperto l’interrogativo sull’ammontare della condanna, che potrebbe essere l’ergastolo.
Nel documentario Surviving R. Kelly, uscito nel 2019, erano state descritte, per filo e per segno, le storie degli abusi su numerose donne, aggravando la posizione già precaria di Kelly. In un mese di udienze, si sono presentati 45 testimoni, undici dei quali vittime, tra cui Aaliyah, l’ultima moglie dell’artista, sposata quando aveva 15 anni. «È arrivato il momento che l’accusato venga ritenuto responsabile per il dolore che ha inflitto a ciascuna delle sue vittime: Aaliyah, Stephanie, Sonja, Jerhonda, Jane e Faith. È ora che Robert Kelly paghi per i suoi crimini» ha detto il vice procuratore federale Elizabeth Geddes nella requisitoria finale. I suoi legali hanno annunciato l’appello.