È una materia di studio obbligatoria. Non è storia e nemmeno matematica, è una lezione di diritti LGBTQ+ e di inclusività. Una legge dello scorso anno ha inserito nei programmi delle scuole secondarie inglesi corsi, percorsi e lezioni sull’orientamento sessuale, l’identità di genere e le relazioni. Nei programmi per i bambini più piccoli vengono invece incluse lezioni sulle famiglie comprendendo anche quelle arcobaleno.
Le nuove linee guida dicono che tutti i ragazzi devono comprendere l’importanza dell’uguaglianza e del rispetto e sono le scuole a doverlo insegnare. Gli insegnanti devono farlo in modo sensibile e appropriato all’età. Non deve essere una lezione soltanto, ma il tema dell’inclusività e dei diritti LGBTQ+ devono essere trasversali nelle materie di insegnamento. «Le scuole», spiega il documento, «sono libere di scegliere come farlo, ma deve essere certo al termine del percorso che i ragazzi abbiano compreso le tematiche della sessualità umana e il rispetto per loro stessi e per gli altri».
Sidonie Bertrand-Shelton, che guida il progetto educativo di Stonewall, ricorda che il progetto permette di insegnare ai bambini che ci sono famiglie con due padri e due madri, «farlo fin dalla più giovane età permette di creare un ambiente più sicuro e inclusivo per tutti». Per l’associazione è vitale che questa educazione arrivi dalla scuola e abbia un impatto su tutti, su chi è gay, su chi è transgender, su chi è etero. Avere tutti la stessa forma di educazione all’interno della scuola permette di vedere diversamente anche fuori da questa.
Non è solo l’Inghilterra a fare passi avanti in tema di diritti. La Scozia ha annunciato l’aggiunta della storia LGBTQ+ nei programmi scolastici a partire dal 2021 con particolare attenzione a temi come il matrimonio fra persone dello stesso sesso, le famiglie arcobaleno, ma anche omofobia, bifobia, transfobia e le tematiche legate ad HIV e AIDS.
La via per insegnare i diritti LGBTQ+? «Decostruire gli stereotipi», spiega Maya De Leo, docente di Storia dell’omosessualità, all’Università di Torino, «e usare la cultura come strumento di contrasto. Servono poi misure specifiche contro l’omotransfobia, di tutela. È un retaggio culturale e non è detto che vada diminuendo. Io insegno storia e vedo che ci sono fasi di progresso, stagnazione e regressione. Serve sempre fare battaglie culturali, insistere con gli studi di genere. Il passare del tempo non ci garantisce che l’omofobia passi».